Ciao, Dario

Dario Fo era un artista geniale. Ma anche un uomo che sapeva spendersi per la comunità. Il suo mettersi costantemente in gioco, quel suo modo unico di sbeffeggiare il potere, ne raccontavano la grandezza meglio di un trattato. Dario Fo era, soprattutto, un uomo libero. E di uomini liberi, in questo Paese, non ce ne sono così tanti. Ciao, Dario. E salutami Franca.

Il Mondo in una vita, la dedica…

CopertinaIlmondoinunavitaHo dedicato “Il Mondo in una vita” al mio primo gatto. Lu ha lasciato questo mondo dopo 17 anni di agguati, fusa, corse, croccantini e scatolette di cibo prelibato. Si è congedato con una dignità sconosciuta a noi esseri umani, sapendo di aver vissuto una vita da gatto privilegiato. Anche per questo, oltre a dedicargli una poesia (la potete trovare all’interno del libro), ho voluto ricordarlo nella quarta di copertina. Così.
“A volte mi sembra di vederti ancora sul divano, mentre sonnecchi con l’aria più placida del mondo. Altre volte mi pare di incontrare il tuo sguardo, quei due occhi gialli che hanno «manipolato» la mia vita. E’ passato quasi un anno e ancora non riesco a darmi pace. Goodbye, Lu. E sappi che le tue unghie rimarranno eternamente impigliate alla mia anima”.

Viva la Premier League…

Oggi parte la Premier League, la competizione calcistica più seguita al mondo, Mondiali esclusi. Pensate che i diritti televisivi di questo torneo (3,2 miliardi di euro), valgono ben 900 milioni in più di Champions League ed Euro League messe insieme. Nessun stupore. Perchè la Premier è, semplicemente, il campionato. Tradizione, stadi all’avanguardia, atmosfera da brividi e un livello tecnico-agonistico di primo livello. La ricetta è semplice. Quindi inimitabile. Chi vincerà? Pronostico quasi impossibile. Io, ma è solo una sensazione, dico Tottenham. La squadra che ha cambiato meno.

Altre sensazioni assortite. Il Leicester di Ranieri retrocederà, Antonio Conte farà molta fatica, Ibrahimovic toglierà le castagne dal fuoco all’imbolsito Mourinho e il Middlesbrough, uno dei fondatori della Premier, tornato nella massima divisione dopo 7 anni in Championship, darà filo da torcere a tutti.

La notte delle falene

Diciamolo francamente: questo Europeo ha riconciliato con il curling. Gioco soporifero come un dibattito sui peli superflui, prudenza delle squadre molto più che democristiana, dribbling severamente vietato dai commissari tecnici. In sintesi: Cesaroni in libera uscita dai boxer. Forse le cose migliori le ha fatte vedere la Croazia (voto 8), eliminata episodicamente negli ottavi. Bene anche il Galles (voto 7,5),  che ha pagato nelle semifinali l’assenza dello squalificato Ramsey (voto 7,5), miglior assistman del torneo (4 passaggi decisivi) a pari merito con Hazard (voto 6,5) e trascinatore assoluto della squadra insieme a Gareth Bale (voto 7,5). Un discorso a parte lo merita l’Islanda (voto 7), altra rivelazione del torneo, formazione tecnicamente scarsa, che ha saputo ribaltare i pronostici grazie a uno spirito di squadra a tratti commovente. La grande delusione? La solita Inghilterra (voto 4), da me indicata a bocce ferme come vincitrice nonostante Hodgson (voto 2), tradita soprattutto da Harry Kane (voto 4) e da una difesa (voto 3) inaffidabile come Giuliano Ferrara davanti a un buffet.

“Nanni spostati e lasciami vedere il film” è la fulminante battuta di Dino Risi (voto 8), tesa a smontare le pellicole dell’ex girotondista (voto 7 alla carriera e 3 alla coerenza politica), oggi non più indignato speciale. “Italia spostati e lasciami guardare l’Europeo” è stata la mia  rielaborazione calcistica della famosa frase. Considerato che, in questo Paese, non si riesce a seguire una partita degli Azzurri (voto 4 per il gioco sparagnino, e 6 per l’orgoglio)  senza essere sommersi dalla demagogia dei telecronisti (voto 0, e sono generoso). Così, il mio Europeo, è cominciato quando la Germania (voto 6,5 per l’assenza di un centravanti degno di tal nome) ha estromesso dalla competizione la spocchia tricologica di Antonio Conte (voto 7 al motivatore e 3,5 al tattico), acclamato dai media nostrani neanche fosse Brian Clough solo per aver piegato un Belgio (voto 5) che gioca a pallone più o meno come combatte il terrorismo, e una Spagna (voto 5) lenta e senza mordente, tenuta in piedi nella prima fase dalla poesia calcistica di Andrès Iniesta (voto 8).

108 reti in 51 partite sono una miseria. A conferma di quanto sia stato modesto lo spettacolo. Alla Francia (voto 6,5) non è bastato segnare più di tutti, 13 goal. Così distribuiti: 7 di sinistro, 5 di testa e uno di destro. Senza Griezmann (6 reti e 2 assist, voto 9) miglior calciatore della competizione per distacco, la finale sarebbe stata pura utopia. L’errore di Deschamps (voto 6) è stato quello di fidarsi troppo del sopravvalutato Pogba (voto 5), meno utile della bomboletta spray multicolore.

Il Portogallo (voto 6,5) è la decima nazionale a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro della manifestazione. Per dirla tutta, senza la nuova formula, figlia del demenziale allargamento a 24 squadre, i lusitani non avrebbero visto l’alba degli ottavi di finale. Successo casuale ma non del tutto immeritato, peraltro ottenuto con un Cristiano Ronaldo (voto 9 al calciatore, 4 al personaggio) ai minimi storici, messo fuori gioco in finale dallo sconsiderato intervento di Payet (voto 7 al fantasista, 3 al mazzolatore). Pur nel suo momento meno fulgido, CR7 è riuscito là dove altri campioni (Eusebio, Figo, Rui Costa) avevano fallito. Ovvero consegnare al Portogallo il primo trofeo di una storia lunga 95 anni. Perché, tra qualche anno, nessuno ricorderà più i nomi dei veri artefici del trionfo. Dal commissario tecnico più schivo e riservato del mondo (Fernando Santos, voto 7), al portiere poco appariscente ma terribilmente efficace (Rui Patricio, voto 8), al centrocampista universale (Joao Mario, voto 8), al terzino sinistro debordante (Guerreiro, voto 7,5), al ragazzino forse un po’ pompato ma comunque di talento (Renato Sanches, voto 7), fino all’inossidabile Pepe (voto 7 al difensore e 4 al commediante) e al match winner Éderzito António Macedo Lopes, meglio conosciuto come Eder. L’uomo che ha dato  materialmente il via ai festeggiamenti nella notte delle falene.

La valle dell’Eder…

Ho avuto l’illuminazione dopo aver letto il pronostico di Mario Sconcerti: “Penso vincerà la Francia,”. Davvero? Okay, allora proviamo a seguire il consiglio del grande intenditore di calcio puntando 20 euro sul Portogallo. Scommessa andata a buon fine anche per la magnanimità del destino, che a volte ti restituisce quello che ti aveva sottratto anni prima. Già perché questa finale mi ha ricordato quella del 2004, con il Paese ospitante (il Portogallo) battuto a sorpresa dalla Grecia. Per la gioia di Emilio Fede, l’unico ad aver puntato sugli ellenici. Dodici anni dopo, i lusitani hanno indossato i panni dei greci, lasciando alla Francia l’organizzazione del torneo e il ruolo di favorita.

Nel 2004 decise Charisteas, stavolta il graffio decisivo porta la firma di Éderzito António Macedo Lopes, meglio conosciuto come Eder, non proprio un fulmine di guerra sottoporta. Senza l’infortunio di Ronaldo (unico portoghese in campo anche nella finale del 2004), l’attaccante originario della Guinea-Bissau non sarebbe mai entrato in campo. L’uscita del futuro Pallone d’Oro ha invece favorito la mossa sfrontata di Fernando Santos, che ha tolto un centrocampista (Renato Sanches) per dare peso al reparto offensivo. Da quel momento la partita del Portogallo è cambiata come la faccia di Donatella Versace.

Il palo di Gignac, a tempi regolamentari praticamente scaduti, è stato l’ultimo acuto della Francia, frenata dalle splendide parate di Rui Patricio e tradita dal fenomeno mediatico Pogba. Fateci caso: quando cresce il livello degli avversari e l’importanza della posta in palio, mister 120 milioni (voglio proprio vedere chi spenderà tutti quei soldi per un bluff) scompare dal rettangolo di gioco. Sarebbe invece ingeneroso prendersela con Griezmann, ieri sera sottotono, ma di gran lunga miglior calciatore del torneo. Insieme al portoghese Joao Mario, un centrocampista più unico che raro per qualità e quantità.

ps: Per completezza d’informazione va anche detto che, con la vecchia formula, il Portogallo sarebbe uscito al primo turno.

Vi presento il mio nuovo libro.

Copertina Il mondo in una vitaA Settembre uscirà il mio nuovo libro, autoprodotto. Nessun editore, niente librerie: vendita solo su internet. Tutto questo per sfuggire alle logiche arroganti delle grandi case editrici e alla mentalità conservatrice dei librai che, da sempre, guardano più al nome dell’autore che alla qualità del prodotto. Ecco la copertina del libro, una cascata di storie brevi, che tratta temi come il dolore, la speranza, la paura, la vecchiaia, la natura, l’infanzia, la famiglia, il destino e tanti altri, coinvolgendo persone, animali e oggetti. Il volume, circa 100 pagine, costerà 13 euro (comprese spese di spedizione). Chi apprezza il mio stile di scrittura può sostenere l’iniziativa prenotando già adesso il libro. Per ulteriori informazioni mandate una mail a renato@renatolamonica.com

A proposito dello scudetto del Leicester e di Claudio Ranieri…

Premesso che chi vince sul campo ha sempre ragione, mi rifiuto di aggregarmi al coro monodico allestito dai media italiani. Un coro gonfio di retorica e nazionalismo becero, quindi insopportabile. Celebrazioni fuori luogo come Pupo al festival di Woodstock. Vi spiego perché in cinque semplici punti.

1) Il Leicester ha vinto il titolo giocando un calcio arcaico, con un catenaccio che avrebbe fatto arrossire anche Nereo Rocco. Tutti abbottonati in difesa, con porta blindata, zanzariere e doppi vetri e poi palla lanciata a casaccio in avanti, sperando nella velocità di Vardy e nelle improvvisazioni di Mahrez.

2) Seguo il football da una vita e mai avevo visto una fortuna così sfacciata come quella del Leicester. Copione più o meno consolidato: avversari che dominano e controllano la partita per 89 minuti, prima di essere beffati dall’unico tiro in porta effettuato dai “Foxes”.

3) Giocatori che hanno speso in una sola stagione tutte le energie fisiche e mentali di un’intera carriera. Da Vardy a Mahrez, fino a Kante, Huth e Morgan. Vedrete, il prossimo anno questi “eroi” per caso spariranno dalla scena come i vincitori di X Factor.

4) Quella che sta per concludersi è stata la Premier League più mediocre di sempre. Con le cosiddette grandi, per vari motivi, ai minimi storici. E con la squadra migliore del torneo, il Tottenham, priva della cattiveria agonistica necessaria a fronteggiare le avversità.

5) Il quinto e ultimo punto riguarda Claudio Ranieri, onesto mestierante della panchina, oggi celebrato come miglior allenatore del pianeta dalle stesse persone che l’hanno sempre bollato come un perdente di successo. Chi scrive continua a non avere alcuna stima professionale del tecnico romano, rappresentante di un calcio preistorico, purtroppo non ancora in via d’estinzione. Del resto la carriera di Ranieri, uno che è riuscito a buttare nel contenitore del residuo scudetti già stravinti, dice tutto. Bisogna poi aggiungere a tutto ciò (ma i media italiani, ovviamente, non lo fanno) che Nigel Pearson, il predecessore di Ranieri, inspiegabilmente licenziato dal club, ottenne una salvezza miracolosa vincendo ben 7 delle ultime 9 partite dello scorso campionato. Peraltro giocando un calcio infinitamente migliore di quello mostrato quest’anno dai “Foxes”. Le “fortune” del Leicester cominciano da lì.

Concludendo, complimenti al Leicester e a Claudio Ranieri. Ma, per favore, risparmiateci peana e standing ovation.

Infine mi sembra giusto sottolineare la “sportività” dei giocatori del Chelsea, penosi per tutta la stagione e furenti d’agonismo solo in occasione del match con il Tottenham. Non c’è che dire: un bel messaggio per quei quattro o cinque che credono ancora nel calcio pulito.

Io voto e voto si…

L’altro giorno, mentre sorseggiavo un caffè al bar, mi sono lasciato andare a un commento molto negativo (eufemismo) su Renzi. Non l’avessi mai fatto! E’ intervenuta una fan del grande statista fiorentino che, dopo avermi fulminato con lo sguardo, ha esclamato: “Non capisco questo odio. Ma cosa le ha fatto?”. La mia risposta: “Il problema non è quello che ha fatto a me, ma ciò che sta facendo al Paese”.

Mi raccomando, domenica andate a votare: se non altro, farete un dispetto al grande statista fiorentino (quello che non sa neppure abbottonarsi il cappotto) e a Napolitano (il nonno che nessuno vorrebbe avere).

Compleanno

Oggi festeggio 20 anni di navigazione Internet. Ho cominciato nel 1996, quando ancora ci si collegava alla rete con una connessione analogica lenta e rumorosa. In questi anni ho assistito all’evoluzione del web, inizialmente fonte esclusiva di notizie, oggi luogo multimediale dove è possibile interagire con chiunque in real time. Eterna riconoscenza a Tim Berners-Lee, l’uomo che 25 anni fa ha “inventato” Internet. Grazie a lui questo mondo è un filino più libero.

Ps – Il World Wide Web è, in pratica, il “cervello” di internet. Senza quell’invenzione, la rete sarebbe ben poca cosa. Ecco perchè ho scritto che Tim Berners-Lee (insieme a Robert Cailliau) ha creato Internet. Anche se, tecnicamente, Internet e World Wide Web sono due cose diverse. Internet è l’insieme di fili, server, router e computer che tiene legate le reti mondiali. Il World Wide Web, tramite il protocollo TCP/IP, i vari software e browser, favorisce la comunicazione e l’interazione tra utenti.