Ho il massimo rispetto di quei giornalisti, comici, bloggers che, con i loro scritti e le loro parole, riescono a far incazzare qualcuno. Li rispetto anche quando le loro idee non mi rappresentano. Viceversa diffido, per non dire peggio, di coloro che riescono a mettere d’accordo tutti. Maggioranza ed opposizione. Forti e deboli. Ricchi e poveri. Perché, chi usa le parole per mestiere, ha l’obbligo morale di lasciare il segno. Di graffiare. Specie in un Paese malato di conformismo come l’Italia.
Ultime parole famose
“Il cavallo resterà, l’auto è passeggera”. (Horace Rackham, avvocato di Henry Ford, 1903)
“Gli aerei non andranno mai veloci come i treni”. (William Henry Pickering, astronomo dell`Harvard College, 1908)
“I miei figli non hanno alcuna ambizione politica”. (Joseph Kennedy, padre di John e Bob, 1936)
“Lasciamo stare: con un film così non si incassa neppure un cent”. (Irving Thalberg, Direttore della Metro Goldwin Mayer a proposito di Via col Vento, 1936)
“Fidel Castro rimarrà al potere al massimo per un anno”. (Fulgencio Batista, ex dittatore di Cuba, 1959)
“La band è ottima. Ma liberatevi di quel cantante con i labbroni”. (Andrew Ildham, produttore di programmi per la BBC, dopo un`audizione dei Rolling Stones e di Mick Jagger, 1963)
“Reagan non ha la faccia da Presidente”. (Il Direttore del casting durante un provino per il film ‘The Best man’, 1964)
“E’ inutile trasmettere il concerto, perchè tanto di questi Beatles tra un mese non se ne ricorderà più nessuno!!!”. (Direzione Rai, 1965)
“I coreani? Sembrano tanti ridolini”. (Edmondo Fabbri, prima di Italia-Corea ai Mondiali di Calcio, 1966)
“L’uomo non arriverà mai sulla Luna”. (Lee De Forest, scienziato,(1967)
“Non divorzierò mai da Richard Burton”. (Elizabeth Taylor, 1974)
“Che bisogno ha una persona di tenersi un computer in casa?”. (Kenneth Olsen, Dig. Equip. (1977)
“E’ ormai chiaro che non ci sara’ in questo secolo alcuna riunificazione della Germania”. (Flora Lewis, New York Times, 1984)
“Saddam Hussein non ha alcuna intenzione di attaccare il Kuwait”. (Hosni Mubarak, Presidente dell’Egitto, luglio 1990, ad Agosto ci sarebbe stata l’invasione)
“Avro’ preso 100-200 mila, forse 1 milione di lire, ma solo per piccole spese personali”. (Calisto Tanzi, 29 dicembre 2003 su “Repubblica”)
“La Juve? Non mi interessa: ci sono squadre in cui non vuoi andare, non ti stimolano”. (Fabio Capello, febbraio 2004, assunto quache mese dopo come allenatore della Juve)
“ Riteniamo questa sentenza iniqua. Ricorreremo al Tar per avere giustizia”. (Cobolli Gigli, subito dopo la sentenza d’appello di Calciopoli, 26 Luglio 2006)
“La Juve non potrà mai retrocedere in B”. (14 milioni di tifosi juventini, sempre)
Grazie a Montezemolo, John Elkann e l’avvocato Zaccone, anche noi tifosi juventini siamo entrati nell’imperdibile elenco di quelli che passeranno alla storia per aver detto una sciocchezza sesquipedale.
Scritto il 17 Maggio 2007 – Estratto dal libro “La Juve nel Paese di Giralaruota”.
L’informazione
Per sapere cosa pensa Berlusconi bisogna leggere Il Giornale o Libero.
Per sapere cosa pensa De Benedetti bisogna leggere Repubblica.
Per sapere cosa pensano i banchieri bisogna leggere il Corriere della Sera.
Per sapere cosa pensano John Elkann e Marchionne bisogna leggere La Stampa.
Per sapere cosa pensa Moratti bisogna leggere la Gazzetta dello Sport.
Se invece desiderate solo essere informati puntualmente e correttamente, fate come me: cercate le notizie sul web.
Qualche giornalista/blogger libero e indipendente si trova ancora.
Basta cercare.
Le mille facce del potere
Il potere ha molte facce. Facce irritanti, fastidiose, nauseabonde. Facce che raccontano meglio di un Saggio di Enzo Biagi le vicende di un Paese dominato da una gerontocrazia famelica e corrotta. Il potere ha il volto invisibile del “Grande Vecchio”, l’uomo che lavora nell’ombra. E’ proprio lui – impermeabile bianco d’ordinanza, bavero rialzato – ad imbastire complotti e trame oscure. Facile immaginare un “Grande Vecchio” dietro tanti accadimenti italiani. Eventi che hanno cambiato la storia politica di una nazione ad un passo dal fallimento economico, ma già da tempo alle prese con un “default” di ordine morale. Neppure il calcio, arma di distrazione di massa, la cosa più seria tra tutte quelle frivole, poteva sfuggire alle attenzioni del “Grande Vecchio”, il ventriloquo capo che scrive i testi ai pupazzi. E’ lui a decidere il momento, il timbro della voce, il colore della cravatta. E i pupazzi, notoriamente privi di personalità e spina dorsale, si limitano ad eseguire gli ordini.
Prima Repubblica del football italiano – Regole del gioco violate per decenni nella totale indifferenza (eufemismo) dei “vigilantes”. Fino al 2006, quando va in scena la severità draconiana di Calciopoli. Contro le illegalità diffuse del sistema calcio italiano? No. Contro i due dirigenti più svelti del Far West e, come logica conseguenza, contro il club abituato a salire, senza troppa fatica, sul gradino più alto del podio. Cui prodest? Perchè la Giustizia Sportiva, da sempre indulgente e buonista (almeno con i clubs di maggior rilievo) si trasforma all’improvviso in una versione moderna della Santa Inquisizione? Chiunque si sia posto almeno una di queste domande avrà visto scivolare la lama del sospetto dentro al burro.
Il potere ha molte facce. Facce irritanti, fastidiose, nauseabonde. Facce che raccontano meglio di un film di Alberto Sordi le vicende un Paese devastato da un capitalismo senza capitali e da un giornalismo genuflesso. Il potere ha il volto pavido di Giancarlo Abete, quello che, secondo una staffetta prestabilita, doveva prendere il posto di Franco Carraro, l’uomo che sussurrava al telefono. Abete, famoso per il suo decisionismo, non prende posizione neanche in camera da letto. Di lui si ricorda solo una ficcante e autobiografica dichiarazione “Sono incompetente”.
Il potere ha il volto logoro di Gianni Petrucci, il Nico Fidenco dello sport italiano. Fissato da secoli alla poltrona grazie al noto adesivo Andreottik, dorme 39 ore al giorno. Ogni tanto si risveglia credendo di essere Livio Berruti alle Olimpiadi di Roma. La sua intervista di ieri, trasmessa da SkyTg24semprelestessenotizie, per dirla con il linguaggio di Napoletano, ha suscitato viva partecipazione. Ovviamente fra i parenti di Petrucci. Ma anche ai piani alti di Corso Galfer.
Il potere ha il volto sgradevole di Massimo Moratti, grande intenditore di calcio, come testimoniano gli acquisti di Vampeta, Sorondo e almeno altri 8643 calciatori di livello inferiore alla media. Moratti, persona notoriamente schiva, trascorre quasi tutta la giornata davanti ad una selva di microfoni. La domanda più incisiva a lui rivolta dai nostri magnifici giornalisti d’inchiesta è “Presidente, come va?”. La risposta del petroliere ecologista, dal 2006 “socio” dell’Ikea, è sempre la stessa “E’ una cosa antipatica”.
Il potere ha molte facce. Facce arroganti, sciocche, spudorate. Facce che raccontano meglio di un libro di Stefano Benni le vicende torbide di un Paese saccheggiato dalle banche e distrutto da una classe dirigente impresentabile.
Il potere ha il volto baldanzoso di John Elkann, il nipote prediletto dell’Avvocato. Mai fiducia fu così mal riposta. 109 anni per costruire un mito, 5 per distruggerlo in nome dell’ambizione e del tornaconto personale. Anche a nome di Gianni, che sicuramente si starà rivoltando nella tomba, grazie John.
Il potere ha il volto sottomesso di Andrea Agnelli, figlio di Umberto. Passivo, per non dire peggio, nel frangente più doloroso della storia juventina e poi improvvisamente “operativo” dal 2010 in poi, quando è accorso al “capezzale” del cugino. Attivismo solo di facciata, per recuperare l’entusiasmo di una tifoseria moralmente a pezzi, ma sempre malleabile e plasmabile secondo i desideri di lor signori. Una tifoseria che, settore rancorosi a parte, non ha ancora capito che can che abbaia non morde. Il tavolo politico proposto ieri a Petrucci è l’ennesima dimostrazione della mancanza di coraggio (e autonomia) di Andrea, completamente appiattito sulle posizioni del cugino. Inutile farsi illusioni, quindi: gli scudetti e la dignità non torneranno indietro. Così come la Juventus.
Consumismo? No, grazie.
Consumismo, una parola che andrebbe cancellata dal vocabolario. Negli ultimi quarant’anni noi abitanti del cosiddetto “Primo mondo” abbiamo speso troppo, in preda ad una sorta di isteria collettiva. In nome e cognome del consumismo abbiamo comprato oggetti che non ci servivano, pensando che potessero riempire il vuoto delle nostre esistenze. Per assecondare i guru della pubblicità televisiva abbiamo riempito i carrelli di cibo superfluo, alternando grandi abbuffate a diete inutili e costose. Ci siamo abbeverati alla sorgente di una moda volubile e scostante, che ci ha fatto accumulare senza motivo enormi quantità di vestiti e accessori. Ci siamo fatti stordire dal progresso, come se possedere sei telefonini, otto televisori e quattro automobili fosse indice di civiltà. Negli ultimi quarant’anni abbiamo vissuto tutti (chi più chi meno) al di sopra delle nostre possibilità. Ogni tanto, per lavarci la coscienza, ci siamo occupati distrattamente del cosiddetto “Terzo mondo”. Senza mai provare seriamente a risolvere i problemi dei Paesi sottosviluppati. E adesso ci ritroviamo a fronteggiare l’esodo di milioni di disperati, gente disposta a tutto pur di sfuggire alla fame e alla miseria. Ecco, siamo arrivati alla svolta epocale. Il modello di vita che abbiamo costruito si è rivelato fallimentare. Basta parlare di crescita, di prodotto interno lordo. Basta dar retta ai banchieri che giocano coi nostri risparmi, ai politici avidi e corrotti, agli industriali assistiti dallo Stato, ai giornalisti servili e agli economisti che non azzeccano una previsione dal 1970. E’ ora di recuperare i valori del passato: meno apparenza e più sostanza. Il mondo ha bisogno di sobrietà, equilibrio e compostezza. Dobbiamo tornare – come cantava Battiato – “a quote più normali”. Altrimenti non ci sarà alcun futuro, per noi e, soprattutto, per i nostri figli.
Le ali della libertà….
In questo Paese mummificato il significato del sostantivo femminile libertà viene spesso distorto. Verrebbe quasi da dire che, in Italia, non c’è gusto ad essere liberi. La vera libertà è poter fare, dire e scrivere quello che si vuole nei limiti del codice penale e della decenza. Per essere liberi bisogna avere un minimo sindacale di dignità. E non bisogna farsi suggestionare da niente e da nessuno. Ma non potrà mai esserci abbastanza libertà senza verità e giustizia: due parole che si fondono perfettamente col concetto di indipendenza. E’ difficile essere liberi, specie in Italia. Noi ci proviamo ogni giorno. Perché avremo sempre davanti gli esempi luminosi di Nelson Mandela, Martin Luther King, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e tutti quelli che hanno speso gran parte della loro vita per indicare la via giusta ai più deboli, agli indecisi e ai timorosi. Perchè, dove non c’è un filo di coraggio, non potrà mai esserci libertà. Perchè nessuno ti regala la libertà. La libertà si prende in braccio come un bambino. E si tiene stretta stretta.
“Parlano, parlano di libertà, ma quando vedono un uomo libero, allora ne hanno paura”. George Hanson (Jack Nicholson) nel film Easy Rider di Dennis Hopper
Il Grande Fratello socialmente utile..
16 persone chiuse in una casa per tre mesi a fare i deficienti? E chi vince si porta a casa un montepremi di 500 mila euro? E nessuno che abbia mai pensato di chiamare l’ospedale psichiatrico? Qui bisogna fare qualcosa. Vorrei proporre una versione riveduta e corretta del Grande Fratello. Dunque, si prendono i concorrenti, si caricano su un pullman sgangherato e via verso il casello dell’autostrada. Destinazione: Napoli. Tre mesi per ripulire la città dai rifiuti. Raccolta, trasporto e smaltimento. Tutto sotto l’occhio vigile delle telecamere. Il lunedì diretta con Alessia Marcuzzi (ma, vista la somiglianza, va bene anche Furia) per fare il punto della situazione. Collegamenti dal cassonetto, con ramazza e paletta ben in vista. Nomination capovolte. I più bravi se ne vanno dopo poche settimane, i lavativi rimangono fino alla fine. Premi finali. Se vince un uomo, una serata in compagnia di Alessandra Mussolini. Con possibilità di smaltire, insieme ai rifiuti, anche la nipote del Duce. Se vince una donna una serata insieme all’uomo che baciava la mano a Gheddafi. Con possibilità di depositare il mago della patonza nella discarica più vicina. Un Grande Fratello socialmente utile. Per dare finalmente un senso al reality più idiota della storia della Tv.
Pillole di cianuro
Dubbi
Ma Vincenzo D’Amico è il fratello di Ilaria? Se la risposta è affermativa, abbiamo una seconda domanda: nella loro famiglia c’è qualcuno che capisce di calcio?
Consigli
Dopo aver sentito Colomba urlargli ripetutamente “fattela dare, fattela dare”, Sebastian Giovinco ha chiesto la consulenza di Tiger Woods e Berlusconi.
Testimonianze credibili
Convocato come testimone al processo Telecom, Marco Tronchetti Provera ha ribadito ai giudici che lui era solo la guardia del corpo di Tavaroli.
Carramba che sorpresa!
Presentati in tv i cani di Francesco Totti e Ilary Blasi. Pare che siano loro gli intellettuali di famiglia.
Cambio di consonante
Giocatori ed allenatori accusati di bestemmiare in campo, si sono difesi spiegando che non ce l’avevano con Dio ma con Bergomi.
365 giorni di aria fritta…..
Italia, il Paese delle anomalie. Tre quotidiani sportivi, superfluo dirlo, è un primato mondiale. Almeno si distinguessero uno dall’altro. Invece no. La costruzione, l’impianto, l’assemblaggio sono identici. Così come sono equipollenti le ovvietà, il conformismo e la mediocrità delle firme. Niente giornalismo d’inchiesta, mancanza assoluta di articoli “aggressivi” e magari lungimiranti, scarsa competenza in materia di calcio internazionale e provincialismo diffuso. In compenso, grande opulenza di interviste stereotipate, della serie “ci aspettano dieci finali”, pletora di celebrazioni, titoli che sembrano concepiti da bambini dell’asilo. E poi, il piatto più succulento del menu: il calciomercato. 365 giorni di aria fritta, chiacchiere al vento, voci taroccate ad arte. Il motto della casa? Il tifoso ha bisogno di sognare. E quindi, giustamente, per farlo uscire da una realtà spesso crudele, ecco una lunga serie di scoop artificiali. Qualche anno fa, abbiamo fatto un esperimento: per tre mesi ci siamo premurati di conservare tutte le “bombe” di mercato dei quotidiani sportivi. Un lavoraccio, ma ne valeva la pena. A liste chiuse abbiamo messo insieme le notizie sparate in prima pagina dai nostri eroi e gli affari effettivamente conclusi. Et voilà, ecco smascherato il “raggiro”. Ottomila voci seppellite da un rutto gigantesco, una sola “bomba” andata a buon fine. Ma siamo al punto. Non bastavano tre quotidiani sportivi, ad aumentare il tasso di confusione e retorica ecco Sky Sport 24. Ovvero la magniloquenza non stop. Ventiquattro ore su ventiquattro di cazzeggio enfatico, di conferenze stampe povere di contenuti e senza domande veramente incisive, di news inutili, di indiscrezioni che vengono quasi sempre spazzate via dai fatti. In pratica, una sorta di quotidiano sportivo via satellite. E sono quattro. Troppi per un calcio italiano clinicamente morto da anni. Defunto anche per mancanza di una vera e propria critica sportiva. Qualcuno ha detto che i giornalisti sono i guardiani della democrazia. Non in Italia. Dove coloro che dovrebbero controllare sono quasi sempre sul libro paga di chi muove i fili del potere.
Un nemico invisibile
A volte sembra di combattere contro un nemico invisibile. Un nemico che ti preclude ogni via d’accesso al futuro sbarrando porte e finestre. Un nemico che si diverte a sabotare le tue iniziative, a screditare le tue idee, a strapazzare i tuoi sogni. Puoi metterti ad urlare, affrontarlo a mani nude, oppure ignorarlo. Tanto non riuscirai mai a batterlo. Quel nemico si chiama Italia.