“Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore” (Le storie del signor Keuner, Bertold Brecht) è una massima perfetta per descrivere l’opinionista calcistico italiano. Un individuo che, a poche settimane dal 2012, continua imperterrito a snocciolare il suo campionario di corbellerie e frasi fatte. Del resto, la nostra definizione di opinionista è “persona che esprime pareri su argomenti che non conosce“. Uno dei luoghi comuni più resistenti all’usura del tempo è la figura del dodicesimo uomo in campo. Presenza mitologica che “decide” letteralmente le partite sostenendo con passione e vigore la squadra di casa e riservando fischi, pernacchie e cori molesti ai calciatori avversari. Questa panzana – a forza di essere ripetuta – è ormai penetrata nel cervello delle persone. Anche nelle teste normalmente lucide e razionali. In realtà, uno stadio pieno di tifosi vocianti, incide poco o nulla. Altrimenti il Napoli avrebbe già vinto 20 scudetti. Altrimenti il Chievo giocherebbe in quarta divisione. Altrimenti il calcio sarebbe di una noia mortale. Non ci risulta che gli spettatori siano mai entrati in campo, se non per sporadiche e improvvisate invasioni. Il calcio si gioca 11 contro 11 ed il pubblico serve solo a migliorare l’aspetto coreografico delle stadio e l’atmosfera di una partita. Il resto sono baggianate. A meno che qualcuno voglia farci credere che Barcellona e Real Madrid abbiano fatto incetta di trofei grazie al supporto dei fans e non per i tanti campioni che hanno indossato quelle gloriose maglie. Mi fanno pena i calciatori che, prima di battere un corner o un calcio di punizione, si fermano a chiedere il sostegno dei tifosi. Nella migliore delle ipotesi si tratta di elementi privi di personalità e autostima. Chi sa giocare a pallone non si fa condizionare dall’ambiente. Anzi. Provate a fischiare ed insultare un Messi, un Cristiano Ronaldo o, ancora meglio, Ibrahimovic. Ed otterrete l’effetto contrario. Perchè 80 mila spettatori scatenati nel tifo, a differenza di Platini, Pelè, Maradona e Cruijff, non hanno mai cambiato la storia del calcio.
8 pensieri su “La retorica del dodicesimo uomo”
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mi trovi totalmente d’accordo. Da mesi vado dicendo che, prima di costruire lo stadio dei sogni, la dirigenza juventina avrebbe fatto meglio a costruire una squadra, perchè non ho mai visto uno stadio scendere in campo e vincere da solo partite e scudetti. Sono stata ovviamente sbertucciata dai più, che si sentono supportati da quei signori che si autodefiniscono “opinonisti” e che tu hai così ben descritto, che ogni domenica continuano a dire che la Juventus ha lo stadio che gli garantisce almeno 4 punti in più a campionato (quali siano le formule matematiche alla base di questo calcolo è, ovviamente, un mistero glorioso).
Ricordo invece Lippi dire che la sua squadra si sentiva caricata al massimo dagli insulti e dai fischi, sentendo i quali la reazione dei suoi ragazzi era “fischiate, fischiate, che mo’ vi facciamo un mazzo così”……quelli si che erano tempi da Juve…..
Beh, è verissimo che è molto meglio avere in squadra Messi piuttosto che uno stadio nuovo, ma non sottovaluterei l’importanza del fattore campo. Il Palermo ha vinto tutte e 5 le partite in casa e non ha ancora segnato un gol in trasferta e, da che mondo è mondo, qualsiasi squadra, anche la più forte, ha fatto più punti in casa che fuori. L’Olanda più forte di sempre ha perso ben due finali mondiali consecutive giocate contro i padroni di casa. La Francia e l’Inghilterra hanno conquistato un solo alloro mondiale e entrambe l’hanno vinto in casa. Il Real di Santillana, Butragueno e Michel ha costruito alcuni importanti successi continentali riuscendo a ribaltare al “Bernabeu” epocali sconfitte subite in trasferta. Poi è chiaro che il Barcellona non ha paura di giocare in trasferta, ma l’unica Champions che ha perduto in questio triennio l’ha pur lasciata sul prato del “Meazza”…..
Mauro, la Germania ha perso il Mondiale del 2006 pur giocando in casa, mentre nel 1990 ha vinto il titolo disputato nel nostro Paese. Nel 1950 il Brasile ha perso l’unico Mondiale organizzato in casa, davanti a 100 mila spettatori. Lo scorso anno, in Serie A, Premier League e Bundesliga, la percentuale di vittorie interne è stata appena del 47%. Il fattore campo va smitizzato una volta per tutte. Poi, è chiaro, ci sono eccezioni che confermano la regola.
Questo discorso rischia di diventare ozioso. Avessero avuto Oezil, Mueller e questo Gomez, i tedeschi avrebbero vinto in carrozza anche nel 2006. Il 47% di vittorie in casa corrisponde a circa la metà delle partite disputate. Siccome ci sono anche i pareggi, immagino che le vittorie in trasferta siano molte meno del 47%….Vai a vedere la storia dell’Athletic Bilbao e vedrai quanto ha inciso il fattore campo del San Mamés. Se il ragionamento viene portato avanti per dimostrare che è meglio comprare Cristiano Ronaldo e Messi anziché spendere un sacco di soldi per giocare in uno stadio nuovo, sono d’accordo al 100%. Ma sostenere che giocare i casa o in trasferta è uguale, mi pare davvero una roba priva di senso. La stessa Juve di Lippi ha uno score migliore in casa, non parliamo poi di quella trapattoniana. Pensa al cammino nella Champions vinta nel 1996. Nei quarti di finale sconfitta al Bernabeu per 1 a 0 e ci è andata bene; ritorno, 2 a 0 per noi e qualificazione in un Delle Alpi gremitissimo. In semifinale con il Nantes, vittoria in casa e sconfitta in trasferta. E nella semifinale del 2003? Partita timidissima al Bernabeu e sconfitta di misura (1 a 2), ribaltata poi in un Delle Alpi in delirio (3 a 1). Il problema è che puoi avere uno stadio meraviglioso e un sacco di tifosi ululanti, ma se hai dei brocchi non vinci. Ma se hai una squadra appena discreta, a volte, con l’aiuto del pubblico, puoi centrare risultati più grandi delle tue possibilità. Il Bilbao del 1977 ne è un fulgido esempio, ma ce ne sarebbero a decine.
Ciao a tutti.
Mauro, ma hai letto bene il mio articolo? Non ho mai sostenuto che giocare in casa sia uno svantaggio. Ho invece scritto che, se hai una squadra scarsa o anche discreta, puoi anche avere 80 mila tifosi a favore, tanto perdi lo stesso. Gli esempi da te citati rafforzano la mia tesi. Non mi pare che il freddo Delle Alpi sia mai stato un fattore determinante per la Juve di Lippi, squadra fortissima anche mentalmente. Il discorso sul Bilbao vale quando i baschi hanno potuto disporre di una squadra all’altezza. Prova a guardare il rendimento casalingo degli ultimi anni: 20 sconfitte sulle 57 partite di campionato giocate al San Mames. Non mi sembra un gran bilancio….
Boh, forse la pensiamo nello stesso modo, è solo questione di sfumature. Avevo voglia di partecipare anch’io al tuo blog e mi piaceva l’idea di discutere un po’, senza che fossimo tutti quanti d’accordo. E, comunque sia, se ripenso al San Mamés e a come mi sentivo la sera del 18 maggio 1977, continuo a pensare che quel fattore campo mi ha provocato un forte turbamento anche davanti alla televisione. Un abbraccio.
Sono d’accordo.
Infati non capisco perchè tutti, e dico tutti, insistono col dire che lo stadio di Giraudo è l’arma in più della Juve.
Non lo dicono solo i calciatori della Juve (fin qui ci può stare, nel senso che certe frasi di circostanza vengono dette forse per “riempire” lo stadio)…viene detto da chiunque, come se l’intervistato venisse istruito volutamente a dire certe banalità.
Troppe scontatezze, come quella della teoria secondo cui gli errori arbitrali si compensano a fine stagione.
Mi sto ancora chiedendo cosa compensi gli errori a favore dell’Inter nelle stagioni dal 2006/2007 al 2009/2010.
Assolutamente d’accordo con Anna e Renato. Lo Juventus Stadium avrebbe fatto decisamente più impressione se in campo, con la maglia bianconera, fossero scesi Lampard, Ibrahimovic e Robben. La (cruda) realtà ci dice invece che con Pepe e Matri non è altro che una simpatica cornice.