Goodbye, Diego

maradonaMaradona è deceduto nel sonno.
Una morte lieve, la migliore possibile.
Maradona se n’è andato il 25 Novembre, lo stesso giorno di George Best, un altro fuoriclasse “irregolare”, non incasellabile negli schemi della retorica.
Non so se Maradona sia stato il più grande, ogni calciatore è figlio della sua epoca e questo rende complicato fare classifiche.
Una cosa è certa: Maradona, a differenza di altri campioni costruiti in laboratorio, non era un personaggio, ma una persona.
Con un cuore grande e tante, troppe debolezze.
Miserie umane che l’hanno condotto lentamente verso l’autodistruzione.
Oggi Maradona viene ipocritamente santificato anche da quelli che l’hanno disprezzato in vita.
Eppure lui, Diego, ha regalato pagine di calcio inenarrabili.
Eppure lui, Diego, non ha fatto mai male a nessuno.
Solo a se stesso.

Il signor Flick…

flickFino a pochi mesi fa Hansi Flick lo conoscevano solo gli addetti ai lavori. Da onesto centrocampista a tecnico dell’Hoffenheim, prima di diventare vice di Joachim Löw alla guida della Nazionale tedesca. Poi, il 3 Novembre del 2019, la chiamata del Bayern, club con cui aveva disputato – perdendola – una finale di Coppa Campioni contro il Porto. Inizio in sordina, poi una serie impressionante di vittorie, fino al clamoroso triplete dei bavaresi.
Tutto all’insegna di un football coraggioso, aggressivo e spettacolare.
Flick non è un innovatore e nemmeno un trascinatore: è semplicemente un gestore di uomini, che sa come responsabilizzare i calciatori, applicando le regole non scritte del buonsenso.
Flick non si agita come un forsennato in panchina e non stressa i calciatori durante la partita.
Flick non litiga mai con il quarto uomo ed esulta con moderazione quando vince.
La sua storia conferma che non serve a niente strapagare gli allenatori. Che, quando sono bravi, incidono non più del 20%. La differenza, per chi ancora non l’avesse capito, la fanno quasi sempre i calciatori.
Quasi sempre perché, in passato, la differenza l’hanno fatta anche gli allenatori.
Ma non tutti si chiamano Rinus Michels e Brian Clough.

Solo per citare due geni della panchina.

Vi presento il mio nuovo libro…

maestralecopertinasingolaEcco, in anteprima, la copertina del mio ventiduesimo libro, che uscirà ai primi di Settembre.
Si tratta di un thriller anomalo, ambientato nell’enigmatico e avvincente mondo della medianità. La storia ha come scenografia i magnifici panorami della Provenza e vede come protagonista Ivette Marchand, una donna dotata di poteri paranormali, che stravolge la vita degli abitanti di un piccolo villaggio. Le guest stars del libro sono il maestrale, il vento che ha ispirato Van Gogh, e un magico foulard.
Prefazione della medium Sonia Benassi.
Libro autoprodotto acquistabile solo dal sottoscritto.
Chi vuole prenotarlo può mandare una mail a Renato@renatolamonica.com

Gli italiani e l’informazione…

giornaliSe in questo Paese abbiamo media inaffidabili, la colpa è principalmente degli italiani. Perché a loro non interessa un’informazione obiettiva e intellettualmente onesta, un’informazione che separa i fatti, nudi e crudi, dalle opinioni. No, loro preferiscono, anzi pretendono, un’informazione schierata, totalmente al servizio dei propri partiti e politici di riferimento. Con questi presupposti, in Italia non avremo mai giornali e telegiornali liberi e imparziali, ma quotidiani e notiziari sempre sintonizzati sulle frequenze del potere. A dirla tutta, qualche anno fa, qualcuno ha provato a cambiare le cose fondando un giornale indipendente. Ma anche il “Fatto Quotidiano”, una volta capita l’antifona, per sopravvivere ha dovuto adeguarsi allo status quo. Fino al punto di diventare l’house organ ‘ufficiale’ del governo Conte-Casalino.

Il mio programma tv preferito…

monoUna volta la tv era fonte di apprendimento. Guardavi quella scatola per qualche ora e imparavi un sacco di cose. Oggi, al contrario, la tv è diventata fonte di regressione. Guardi quella scatola per qualche minuto e ti sembra di disperdere il tuo bagaglio di conoscenze.

Nella foto: il mio programma preferito

Va in onda il Coronavirus show…

coronaNulla di nuovo sotto il sole.
Siamo un Paese ridicolo, amministrato da politici cialtroni: sia quelli di governo che quelli di opposizione. Non riusciamo mai a gestire seriamente e con trasparenza le situazioni di emergenza, vedi alla voce terremoto.
Il Coronavirus, presentato da alcuni virologi come la peste del terzo millennio e da altri come una forma appena più grave di una normale influenza, è l’ennesima conferma della nostra inadeguatezza.
L’unica risposta al Coronavirus? Chiudere tutto. Chiudere tutto per totale mancanza di prevenzione e visione.
Intanto, su tutte le reti tv, va in onda il Coronavirus show: ore e ore di diretta giusto per fare audience e creare ulteriore panico nella popolazione.

Goodbye, Pietruzzu

pietruzzuPietro Anastasi è stato l’idolo calcistico della mia infanzia. I suoi goal, mai banali, mi sono rimasti dentro. Come il sorriso gentile di quel ragazzo atterrato a Torino per far sentire orgoglioso delle proprie origini ogni meridionale emigrato al nord.
Ti ho voluto bene, Pietruzzu.
E te ne vorrò sempre.

Non è possibile, eppure…

palloneE’ possibile avere indietro il calcio delle maglie numerate dall’uno all’undici, delle partite in contemporanea, dei calciatori bandiera? E’ possibile avere indietro la vecchia Coppa dei Campioni, la Coppa delle Coppe e la vecchia Coppa Uefa? E’ possibile avere indietro il calcio delle telecronache sobrie e composte, delle esultanze normali, dei giornalisti competenti? E possibile avere indietro il calcio non drogato da super valutazioni e ingaggi ultra miliardari? Un football senza procuratori, senza affaristi e plusvalenze. Un calcio dove si parla e scrive di mercato solo un mese all’anno. Un calcio sostenibile e dal volto umano.
Voce dal fondo: “No, mi spiace, non è possibile. Nessuno può fermare quello che non è più uno sport, ma uno spettacolo. E come tutti gli spettacoli assoggettato alle leggi del business”.
Non è possibile, eppure continuiamo a seguirlo. Per abitudine, noia e mancanza di valide alternative.
Non è possibile, eppure continuiamo a seguirlo. Rimpiangendo il passato e accettando con rassegnazione il presente.

La domanda delle cento pistole…

natale-festaLa domanda delle cento pistole è: sopravviveremo anche a questo Natale? Con le sue ipocrisie, con il cibo che straborda dalla tavola, i regali riciclati, la bontà di facciata, i parenti che ti dicono “ti vedo ingrassato” anche se, in realtà, hai perso 7 chili. Ai parenti, sempre loro, che ti invitano a giocare o tombola, oppure al Mercante in Fiera. E, se non lo fai, ti costringono fisicamente, legandoti alla sedia. Ai bambini di famiglia, caricati a duracell per l’occasione, che corrono e urlano per tutto il tempo delle feste facendoti rimpiangere Erode. Al nonno che, ogni 15 minuti, fa partire il cd con i canti natalizi alternandolo a quello dei cori di montagna degli alpini. Sopravviveremo anche quest’anno?
Ai post it l’ardua sentenza.

Simply the best

bestIl 25 Novembre di 14 anni fa se ne andava uno dei calciatori più geniali di tutti i tempi. Un grande artista del pallone che, come tutti gli artisti, era insofferente alle regole e nemico giurato della banalità.
George Best, uno dei pochi che valeva il prezzo del biglietto, era un vero anticonformista in un mondo (quello del calcio) tra i più conformisti. George Best ha scansato per anni avversari, tatticismi e luoghi comuni, godendosi ogni istante come fosse l’ultimo. La sua vita, condotta sui binari dell’autodistruzione, è stata come una poesia: breve ma intensa. Di lui rimarrà per sempre quel dribbling irripetibile, disperso tra fiumi d’alcol e legioni di bellezze femminili. E anche la sua splendida ironia, racchiusa in questa frase “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcol. Sono stati i venti minuti peggiori della mia vita”.