Leggerezza non è superficialità…

leggerezzaC’è bisogno di leggerezza.
Che non è superficialità, ma l’esigenza di aggirare per qualche ora tutti i problemi, le difficoltà e le insidie della nostra esistenza quotidiana.
C’è bisogno di leggerezza.
Che non è menefreghismo, ma il desiderio di affrancarsi da una società avviata irrimediabilmente verso il precipizio.
C’è bisogno di leggerezza.
Forse l’unico modo per sopravvivere a questi tempi mediocri.

Lo spirito del Gattopardo…

gattopardoThe Day After.
La caduta di Draghi non deve illuderci: questo Paese è clinicamente morto e non sarà certo la Meloni a riportarlo in vita.
Draghi, ricordiamolo, ha potuto fare macelleria sociale grazie a tutti i partiti, gli stessi che si ripresenteranno alle elezioni col vestito pulito.
Draghi, ricordiamolo, ha potuto togliere i diritti fondamentali agli italiani grazie a tutti i partiti, gli stessi che si ripresenteranno alle elezioni fingendo di aver difeso la libertà individuale e il diritto al lavoro degli italiani.
Ricapitolando, Draghi era solo una parte del problema, il vero nodo è il Sistema.
Marcio, corrotto, irriformabile.
Votare è sempre una cosa positiva, anche se io, come molti altri, non eserciterò questo diritto.
Perché nessuno mi rappresenta e perché mi viene sempre in mente la frase simbolo del Gattopardo, “tutto deve cambiare affinché nulla cambi”.
L’Italia è prigioniera di quest’Europa cinica e affaristica, senza visione e senz’anima.
Vent’anni fa abbiamo perso la sovranità monetaria e, adesso, a prescindere da Draghi, alzeranno il tasso d’interesse, alzeranno lo spread e ci presenteranno il conto della guerra in Ucraina.
No, non sono pessimista, ma realista.
Quindi non chiamiamola più vita, ma sopravvivenza.

Draghicrazia…

democraziaMolti italiani passano il tempo a criticare (giustamente) le dittature altrui, senza mai porsi la fatidica domanda: quali sono le condizioni di salute della nostra apparente democrazia?
Eppure il quadro, da qualunque angolazione lo si guardi, è devastante.
Urge veloce riepilogo.
Pensioni e stipendi da fame, 11 milioni di poveri, di cui almeno 5 milioni condannati alla miseria assoluta, costo della vita altissimo, accentuato dagli aumenti energetici (che non sono solo frutto della guerra in Ucraina come vogliono farci credere), sistema bloccato, media al servizio del governo e non dei cittadini, spazi televisivi, teatrali e musicali occupati militarmente dai soliti noti, partiti allo sbando, politici cialtroni, giustizia lenta e ingiusta, burocrazia insopportabile e potrei andare avanti all’infinito.
Perché democrazia non è solo libertà di parola e movimento (anche se il Green pass ha eliminato anche quello), democrazia è assicurare ai cittadini un’esistenza decente e consentire a chiunque di farsi largo nella società attraverso il merito.
Invece questo Paese ha condannato milioni di persone alla morte civile, che forse è anche peggio di quella fisica.
È davvero questo il modello di democrazia che vogliamo esportare?

Tutto culo e sopracciglio…

ancelottiL’Italia è piena di sopravvalutati, falsi umili, personaggi che fingono di essere persone. Si tratta di soggetti che godono di buona stampa e amicizie trasversali, quindi mediaticamente inattaccabili. Vietato criticarli, vietato ridimensionare i loro successi, molti dei quali ottenuti grazie a una fortuna sfacciata. Il mondo del calcio moderno, specchio deformato di questo Paese, è maestro nel mettere sul piedistallo onesti professionisti del pallone, funzionari che hanno come unica tattica di gioco il sopracciglio inarcato.

Prendiamo il caso di Carlo Ancelotti, celebrato fino all’inverosimile per essere stato il primo a vincere il titolo nei cinque principali campionati europei. Verissimo. Peccato che nessuno abbia aggiunto che Ancelotti sia stato anche l’unico ad allenare nei suddetti cinque tornei. Tra l’altro con squadre di altissimo livello. Per dire, Guardiola e Mourinho, i primi due che ci vengono in mente, hanno lavorato e vinto in tutti e tre i campionati dove si sono cimentati.

Stendendo poi un pietoso velo sul lato B di Ancelotti, venuto fuori in tutto il suo “splendore” in questa edizione della Champions League senza che nessun giornalista lo rimarcasse, quello che irrita maggiormente è la totale omissione delle tante magagne del tecnico di Reggiolo. Vogliamo ricordare le prime cinque che ci vengono in mente? Pronti, via.

  1. Uno scudetto perso con la Juventus (2000), dopo aver dilapidato un largo vantaggio.
  2. Una Champions League gettata al vento con il Milan (do you remember Istanbul 2005?).
  3. Uno scudetto francese (2012) lasciato al Montpellier (Ancelotti sedeva sulla panchina del PSG miliardario).
  4. Il nepotismo che ha caratterizzato gli ultimi suoi anni d’allenatore (figlio e genero fanno parte del suo staff). Nessuno mette in dubbio la loro preparazione, ma circondarsi di parenti nel lavoro (a meno che l’azienda non sia tua) non è indice di eleganza.
  5. L’essersi attribuito il merito di aver impostato Pirlo come mediano davanti alla difesa. Quando il primo a farlo fu, indiscutibilmente, Carletto Mazzone.

Infine, una nota negativa sul tanto strombazzato aspetto umano del nostro eroe: sputare nel piatto dove hai gozzovigliato.

Ci riferiamo alla recente intervista in cui ha aspramente criticato Moggi, dopo averci lavorato per due anni. “Bisognava ripulire il calcio italiano, non c’era un gioco leale”.

E se il gioco non era leale, perché il nostro caro Ancelotti figurava tra i partecipanti?

L’orso russo e l’Orsini italiano…

orsiniFermo restando che uno dei miei punti di riferimento rimane Francois Marie Arouet, più conosciuto come Voltaire (Ricordate? Non condivido la tua opinione ma mi batterò fino alla morte affinchè tu possa esprimerla),diffido sempre di chi parla di censura anche se staziona negli studi televisivi un giorno si e l’altro pure.

L’Italia è piena di finti emarginati, gente che strepita contro il Sistema, pur essendo ben inserito nello stesso. L’ultimo esempio, in ordine di tempo, di questa tendenza tutta nostrana è Alessandro Orsini, professore associato di Scienze politiche alla Luiss, università, bene ricordarlo, che vede presidente Emma Marcegaglia, una delle donne più influenti del Paese.

Anche se non condivido per nulla il racconto mediatico a senso unico sulla guerra, trovo che personaggi come Orsini, diventato ormai una caricatura da talk show, siano funzionali al potere. Più o meno come Scanzi, Travaglio, Lucarelli, esponenti di un’opposizione che giova solo al loro ego, per non parlare del conto in banca.

Pur di andare contro al racconto del pensiero unico (che poi tanto unico non è), Orsini si è avventurato in territori demenziali “Meglio i bambini che vivono in una dittatura che sotto le bombe”, più altre sciocchezze di repertorio, con il bel risultato di squalificare le ragioni di tutti coloro che dissentono dalla narrazione ufficiale sul conflitto in corso.

Alla fine, se vogliamo dirla tutta, Orsini non è altro che il rovescio della medaglia dei vari Caprarica che infestano il dibattito: due visioni faziose, settarie, facinorose. Voci che confondono il quadro generale e ostacolano la ricerca della verità.

A un bambino, caro Orsini, bisogna insegnare il gusto della libertà e il senso della ribellione a ogni abuso di potere.

Che ha la sua massima espressione nella dittatura.

Ma forse lei, che non ha mai preso posizione sull’obbligo vaccinale e il Green Pass, ha una strana concezione della libertà.

Non sono Stato io…

StatoDi una cosa vado particolarmente orgoglioso: non essermi mai fidato dello Stato italiano.
Un Paese forte con i deboli e debolissimo con i forti.
Uno Stato arrogante, invadente, disorganizzato, dove ingiustizia e falsità trionfano ogni giorno.
Un Paese che chiede troppo ai suoi cittadini, dandogli in cambio solo burocrazia e retorica.
Con questi presupposti, come avrei potuto credere a uno Stato che prima smantella la sanità e poi ti rincorre con una siringa in nome della sicurezza collettiva?
Come posso credere a uno Stato che cede ad altri Paesi i suoi bisogni energetici, salvo meravigliarsi quando i costi diventano insostenibili per i suoi abitanti?
Come posso fidarmi di uno Stato che ti invita a votare, salvo disattendere e addirittura capovolgere la volontà popolare?
Potrei andare avanti con altri esempi, ma preferisco sintetizzare tutto con una domanda.
Eccola.
Ho fatto bene io a non fidarmi, oppure sono stati più saggi di me quelli che si sono fidati?
Ai postini l’ardua sentenza.

La colpa è di Caressa…

caressaItalia fuori dal Mondiale? La colpa è di Caressa, Sconcerti, Zazzaroni e di tutti i giornalisti che non sanno dare il giusto peso alle vittorie, salvo poi meravigliarsi quando arrivano le sconfitte. La colpa è di Caressa, Sconcerti, Zazzaroni e di tutti i pennivendoli e opinionisti obnubilati dal tifo, senza visione, irrimediabilmente perduti nel labirinto della retorica.

La colpa è di Caressa, Sconcerti, Zazzaroni e di tutti i maestrini che scrivono sui giornali e pontificano in tv, capaci di esprimere un giudizio e poi il suo esatto contrario il giorno dopo, in base al risultato della partita. Sono loro, i professionisti delle analisi superficiali, quelli che hanno celebrato il successo dell’Italia all’Europeo nascondendo la polvere sotto il tappeto.

Nessuno, e sottolineo nessuno, ha detto oppure scritto che quell’affermazione era frutta del caso. O meglio, se vogliamo dirla tutta, ascrivibile al 90% al lato B.

Do you remember il goal cancellato dal Var ad Arnautovic? Do you remember la lezione di gioco inflittaci dalla Spagna? Bastava dire: abbiamo giocato benino, però non siamo diventati improvvisamente i primi della classe.

Abbiamo invece assistito alla mitizzazione di Jorginho, centrocampista del compitino, addirittura da Pallone d’Oro secondo qualche psicopatico, all’esaltazione di Insigne, uno dei calciatori più sopravvalutati di sempre, il cui ultimo dribbling risale alle guerre puniche. Un tizio che pensava di andare in Canada a insegnare calcio e invece farà maglio a imparare qualcosa dai nordamericani che, a differenza dell’Italia, hanno ottenuto il passaporto per il Qatar.

La verità è che tutta la combriccola uscita ingloriosamente contro la Macedonia del Nord, non è diventata mediocre dall’oggi al domani. L’unico calciatore di livello internazionale che abbiamo è Verratti, peraltro bello da vedere ma mancante di concretezza. Per il resto eravamo e siamo tuttora messi male.

Certo, adesso tutti alla ricerca di scuse: gli stranieri che intasano il campionato italiano e i vivai, i clubs che boicottano la Nazionale, la mancata riforma dei campionati e altro ancora.

Problemi che esistevano anche quando, la scorsa estate, impazzavano i festeggiamenti. Ma che nessuno si è premurato di tirare fuori.

Ecco perchè la colpa è di Caressa, Sconcerti, Zazzaroni e del giornalismo italiano in generale. Un giornalismo al servizio del Sistema.

Che sia calcio o politica non fa alcuna differenza.

Il mestiere di leccaculo…

fazioIn Italia c’è un lavoro che non conosce crisi occupazionale: il mestiere di leccaculo.
L’ offerta non manca e i candidati abbondano.
Lo stipendio e i benefici possono essere alti, anche se c’è gente che pagherebbe per vendersi.
Per esercitare al meglio questa “nobile” professione, servono mesi di praticantato leccando migliaia di francobolli, buste da spedire e angoli di termosifoni. Per questo servono lingue felpate e litri di salivazione. Occorre anche un minimo sindacale di acume, perché è importante leccare il culo giusto, evitando accuratamente quelli sbagliati.
Gli esempi da seguire non mancano, visto che ci sono individui che hanno costruito il proprio successo leccando come se non ci fosse un domani.
Fino al punto di farsi trapiantare un’altra lingua.
Perché una non bastava più.
E quindi viva l’Italia, una Repubblica fondata sui leccaculo.

Proverbi ai tempi del Covid by Renato…

proverbiScherza coi fanti, ma lascia stare Crisanti.
La madre dei virologi è sempre incinta.
Dagli amici mi guardi Iddio che da Burioni mi guardo io.
Il virologo è come il pesce: dopo tre giorni puzza.
Finché c’è Covid c’è Speranza.
Meglio un uovo oggi che Galli domani.
Campa Pregliasco che il virus cresce.
Fidarsi è bene, non fidarsi di Cecchi Paone è meglio.
Le bugie hanno le gambe di Brunetta.

Non vincerà il migliore, ma il meno peggio…

serie-aQuesto pezzo nasce su richiesta di alcuni lettori, stanchi di leggere le pallide ricostruzioni dell’informazione mainstream. Lo scrivo senza entusiasmo, da appassionato disincantato, rimasto spettatore per noia e abitudine. Uno spettatore che aveva previsto con largo anticipo l’implosione del Sistema, indicando, nel suo piccolo, rimedi e soluzioni. In estrema sintesi: se vivi per anni al di sopra delle tue possibilità, prima o poi fallisci. Mentre i procuratori, il vero cancro del football, si arricchiscono confidando nell’ingordigia di allenatori e giocatori che evocano il calcio romantico solo dopo aver strappato ingaggi stratosferici.

I soldi sono finiti e le idee non ci sono mai state. Questo potrebbe essere lo slogan del campionato di Serie A 2021/22, visibile in esclusiva su un servizio di streaming che riesce a far sembrare tecnologico il vintage. In effetti, Dazn potrebbe tranquillamente essere l’acronimo di Dai Abbonati Zoticone Nato, se non fosse che il tragico ha già avuto la meglio da tempo e per distacco sul comico.

E allora provo a fare le carte a un torneo che si preannuncia intrigante come una puntata di Don Matteo. Badate bene: non sono pronostici ma sensazioni. Dettate da uno che ha smesso di tifare nel 2006, senza peraltro essere mai stato fazioso.

Ecco le pagelle delle 20 protagoniste (si fa per dire). Il voto non si riferisce solo al mercato.

Atalanta, 6 – L’impressione è che l’effetto Gasperini stia per esaurirsi.

Bologna, 5,5 – Solita navigazione a vista.

Cagliari, 5 – Sul ponte sventola bandiera bianca.

Empoli, 6 – Mercato inesistente, ma il gusto del gioco e un buon allenatore lo terranno lontano dalla zona retrocessione.

Fiorentina, 6,5 – Più che Vlahovic e i nuovi acquisti, il valore aggiunto è Italiano.

Genoa, 5,5 – Strategia last minute e magheggi assortiti in puro stile Preziosi.

Inter, 6 – Ha perso i goal di Lukaku e le scorribande di Hakimi ma, tutto sommato rimane in pole position.

Juventus, 4,5 – Sostituire Ronaldo con Kean è come vendere una Ferrari per acquistare una Trabant. Il portoghese pensa solo ai suoi record, ma garantisce comunque caterve di goal. Il suo addio (indecoroso per tempi e modalità), agevolato da una dirigenza inadeguata, lascia un vuoto incolmabile. Il ritorno di Allegri, uscito dalla porta e rientrato dalla finestra, è peraltro un caciucco riscaldato.

Lazio, 6 – Nessun ricamo, solo ordinaria amministrazione. Ma Sarri è decisamente meglio di Inzaghi.

Milan, 6,5 – Lo scorso anno ha giocato, per lunghi tratti, il miglior calcio della Serie A. Oggi, pur avendo perso Donnarumma (Calhanoglu non ha mai inciso veramente), sembra ancora più completo.

Napoli, 5 – Aria di smobilitazione.

Roma, 6 – Mourinho, gran mestierante, ha portato slancio ed energia. Che, conoscendo l’ambiente, svaniranno alle prime avversità. Contando sulle manchevolezze altrui può comunque puntare a un posto in Champions League.

Salernitana, 4 – Gioca in A ma ha un organico da Serie B. E neppure da primi posti.

Sampdoria, 5 – La visione rimane la stessa: fare più punti del Genoa.

Sassuolo, 5 – Le scelte di mercato incomprensibili non cambiano la filosofia generale del club. Al massimo lo tolgono dalla zona Conference League, competizione di cui nessuno sentiva la mancanza.

Spezia, 4,5 – Tiago Motta non vale un’unghia di Italiano. Farà fatica anche a piazzarsi al diciottesimo posto.

Torino, 5 – Mercato imbarazzante come la tv di Cairo. Rimarrà a galla solo per la mediocrità della concorrenza.

Udinese, 5,5 – Tra Friuli e Watford, i Pozzo si barcamenano con discreta disinvoltura.

Venezia, 4 – Vedi alla voce Salernitana.

Verona, 5 – Se vuole rimanere in A deve liberarsi al più presto della zavorra Di Francesco, un allenatore che, pur avendo lasciato macerie dappertutto, continua incredibilmente a trovare lavoro.

Riassumendo:

Scudetto al Milan

Inter, Lazio e una tra Juve o Roma in Champions League

Napoli e Atalanta in Europa League

Fiorentina in Conference League

Venezia, Salernitana e Spezia in B