Un desiderio per il 2013….

Un desiderio (ed un augurio) per il 2013.

Un desiderio che, mi rendo conto, è pura utopia. Ma la speranza, per fortuna, non costa nulla.

Che uno tsunami virtuale possa spazzare via tutte le persone corrotte, servili, egoiste, insensibili ed i furbi di professione. E che le sabbie mobili virtuali possano inghiottire per sempre coloro che, utilizzando a sproposito il sostantivo democrazia, hanno azzerato il nostro Paese.

Che un temporale improvviso faccia piovere sul mondo milioni di persone libere, altruiste, coraggiose. E che il loro esempio possa contagiare i deboli e gli eternamente indecisi, in un trionfo di musica e ideali e nel rispetto di regole scritte nell’inchiostro della purezza.

Buone feste a…

Buone feste a

a Nelson Mandela, 28 anni di carcere duro per combattere quella vergogna chiamata apartheid.

Buone feste a…

a Lionel Messi, il più grande calciatore di tutti i tempi. Non solo per i numeri.

Buone feste a…

Andres Iniesta e Xavi Hernandez, quando il calcio diventa poesia. 

Buone feste…

a Neil Young, non più ispirato come un tempo, eppure il suo falsetto riesce ancora ad emozionarmi.

Buone feste a…

Sean Connery, l’unico, inimitabile, James Bond. Dopo di lui, il buio.

Buone feste a…

tutte le persone libere, altruiste, coerenti, dignitose.

Buone feste a…

a tutti quelli che tengono in casa uno o più animali, perchè amarli non basta: bisogna anche accudirli.

Buone feste a…

a tutti quelli che si commuovono ancora davanti ad un film

a tutti quelli che si ribellano di fronte alle ingiustizie

ai giovani che inseguono un futuro incerto.

a tutti quelli che hanno il coraggio di dire “non ci sto”.

Buone feste ed un abbraccio virtuale a

Tito Vilanova.

Buone feste, dunque 

a tutti quelli che si sono riconosciuti in questo post.

A fanculo tutti gli altri.

Il senso della solitudine di un gatto

Da oggi è disponibile il mio nuovo libro, autoprodotto e in vendita solo su internet .“Il senso della solitudine di un gatto” è una dichiarazione d’amore sfrontata, un armonico tributo ed un eterno giuramento di fedeltà ai piccoli felini. Il libro, una cascata di storie brevi ed avvolgenti, è anche una lieve forma di ribellione contro la frenesia del mondo. I gatti sono solo il punto di partenza per una profonda meditazione sul delirante marasma che governa le nostre esistenze. Bisogna recuperare il valore della lentezza. Non è difficile: basta seguire il fulgido esempio dei gatti. Perché loro non hanno fretta di vivere.

Chi vuole prenotare il libro mandi una mail a

renato@renatolamonica.com

La mia vita per un dribbling

Gli artisti del pallone amano spingersi oltre i confini dell’impossibile. Là dove osavano Garrincha e George Best, gente che avrebbe dato la vita per un dribbling. Perché il dribbling è una forma di ribellione contro l’ordine costituito. Uno sberleffo al conformismo della società. L’ultima frontiera dell’anarchia.

Perché il dribbling è come l’arcobaleno dopo la pioggia, la brezza leggera che spettina gli alberi, l’uomo che ridiventa bambino. Perché un dribbling può essere prezioso come un assolo di Jimi Hendrix, irriverente come una battuta di Groucho Marx, profondo come un discorso di Martin Luther King.

Perché il dribbling schiaffeggia la noia e strappa le pagine di una sceneggiatura già scritta. Perché il dribbling comporta sempre un rischio, quindi richiede coraggio. Il coraggio di rischiare. Saltare l’avversario e poi tornare indietro. Per saltarlo di nuovo. Non certo per umiliarlo, ma solo per amore del dribbling.

Dribblare tutto e tutti per lasciare sul posto la retorica del collettivo che conta più del singolo. La banalità del gruppo che vale più del fuoriclasse. Già, ma poi, sono quasi sempre loro, gli artisti del pallone, a farti vincere campionati e coppe. In barba ai tatticismi dei cosiddetti strateghi della panchina. Perché un dribbling, forse, non potrà mai stravolgere il mondo. Però potrà sempre cambiare una partita.

Tratto da “Guida alla Premier League-Liga-Bundesliga 2012/13″.

Voglio vedere

Regole del gioco rispettate da tutti. Etica che prevale sempre sul business: questo è il calcio che voglio vedere.
Voglio vedere un calcio dove chi produce passaporti, bilanci falsi, plusvalenze fittizie e fa pedinare giocatori ed arbitri viene squalificato a vita.
Voglio vedere un calcio dove chi “deve” vincere lo scudetto all’ultima giornata non cerca di ammorbidire l’avversaria di turno offrendo una cifra spropositata per un giocatore della medesima.
Voglio vedere un calcio “regolare” anche nelle ultime giornate di campionato. Quando qualcuno giustifica certe sconfitte annunciate con la mancanza di motivazioni.
Voglio vedere un calcio dove chi non sa fare i conti (o peggio, finge di non saperli fare) fallisce sul serio. Senza scialuppe di salvataggio e senza dilazioni di pagamento.
Voglio vedere un calcio senza interviste e dichiarazioni banali. Con giornalisti veri, capaci di raccontare una partita in maniera equilibrata, ironica ed originale.
Voglio vedere un calcio con arbitri dotati di senso della giustizia. Arbitri che non si fanno condizionare dal nome della squadra e dalla fama del giocatore.
Voglio vedere un calcio senza doping e senza moviole. Senza processi del lunedì e senza opinionisti faziosi.
Voglio vedere un calcio gestito da gente seria, credibile e onesta.
Voglio vedere più calcio giocato e meno parlato. Senza guitti, nani e ballerine.
Voglio vedere un calcio trasparente, nitido e cristallino.
Voglio vedere un calcio dove chi vince sul campo viene applaudito, non mandato in B in base a ridicole argomentazioni e senza una parvenza di prova.
Voglio vedere un calcio senza violenza negli stadi e senza guerriglie urbane.
Voglio vedere un calcio veramente nuovo. Un calcio veramente pulito.
Per questo sto pensando di trasferirmi in Australia.

Gennaio 2008 – Tratto da “La Juve nel Paese di Giralaruota”. 

P.s – Per questo (ed altro) approvo in pieno la scelta di Alessandro Del Piero.

Il broc player

Giugno 2012: Higuain, Suarez, Robben e Van Persie, secondo Tuttosport e Marmotta, non vedono l’ora di allenarsi a Vinovo, magari solo per conoscere Giaccherini e Padoin. Metà Agosto 2012: Higuain, Suarez, Robben e Van Persie, chissà perchè, rinnnovano con le rispettive squadre. Oppure si trasferiscono altrove. Ogni estate la solita solfa. E c’è ancora qualcuno che ci crede…

La verità è molto semplice: per acquistare il famoso top player, visto che l’Italia è piena di mezze cartucce, bisogna andare all’estero. E all’estero non sanno cosa farsene di promesse, scambi, prestiti e pagherò. All’estero vogliono soldi veri. Non quelli del Monopoli. Ed ora sotto con Fernando Llorente. Due settimane di chiacchiere e poi, magari, arriverà Pazzini. L’ennesimo broc player.

La Verità

Un giorno, una signora dall’aspetto austero, bussò alla porta di Roger.

“Buongiorno, sono la Verità. Mi stavi cercando?”.

“Finalmente” disse Roger, “ormai non ci speravo più”.

“Scusami del ritardo, ma volevo essere sicura che tu fossi pronto”.

“Pronto per cosa?”.

“Pronto per conoscere la Verità”.

“Certo che sono pronto”.

“Allora spegni la tv e guardami negli occhi: la verità ha bisogno di silenzio e di rispetto.

Ecco, questi sono i fatti.

Nudi e crudi.

Perché, ricorda: per ogni vicenda, brutta o bella che sia, c’è sempre una sola verità”.

“Ma lei è proprio certa che questa sia la Verità? Onestamente io ho molti dubbi”.

A quel punto, la signora dall’aspetto austero, si avviò verso la porta.

“La mia presenza qui non ha più senso. Perché tu, caro Roger, in realtà non stai cercando la Verità.

Ma la “tua” verità.

Quella che ti fa comodo”.

12 regole per salvare il calcio

12 regole per cambiare il calcio. Sono regole facili da applicare. Proprio per questo non verranno mai applicate. Eccole.
1. Abolire la figura del procuratore. Perchè? Da quando ci sono loro il calcio è peggiorato. I giocatori cambiano maglia molto più spesso e gli ingaggi sono saliti alle stelle. Loro hanno guadagnato miliardi, il calcio sta morendo. Soluzione – I contratti devono essere rispettati. Senza adeguamenti (a meno che non sia la società a deciderlo) e senza minacce. Quando un giocatore deve cambiare squadra o rinnovare il contratto può sempre ricorrere ad un avvocato. Si chiama prestazione occasionale. Senza vincoli. Questo renderà tutto più trasparente e lineare.
2. Introdurre il salary cap. Perchè? Gli stipendi astronomici e le valutazioni stratosferiche stanno dissanguando i clubs. Soluzione – Bisogna agire, prima che sia troppo tardi. L’input deve partire dalla Fifa: salary cap a livello mondiale, oltre un certo tetto non si deve più andare. Inoltre va stabilito un limite anche ai prezzi dei giocatori. E’ anche una questione morale.
3. Ridurre le rose. Perchè? Il costo del lavoro, nel calcio, è a livelli pazzeschi. Certe squadre hanno rose di 30/35 giocatori. Tutto ciò è ridicolo, oltre che inutile. Soluzione – All’inizio di ogni stagione, ogni club deve comunicare la rosa ufficiale. Massimo 25 giocatori. In caso d’infortuni, si potrà ricorrere a elementi provenienti dal vivaio.
4. Combattere seriamente il doping amministrativo. Perchè? Per evitare che certi clubs possano iscriversi in maniera fraudolenta al campionato. Soluzione – Chi va in passivo, deve ripianare i debiti entro l’inizio della stagione. Senza se e senza ma. Chi non rispetta le regole deve essere automaticamente retrocesso di almeno 2 categorie.
5. Riformare i campionati. Perchè? I tornei con 18 o 20 squadre sono stressanti e vanno a discapito della qualità. Inoltre penalizzano l’attività delle Nazionali. Soluzione – Fare in modo che tutti i principali campionati europei siano a 16 squadre. Con sole 2 retrocessioni. Ci sarebbe meno dispersione e quindi più spettacolo. Tornare ad un calcio più umano è l’unico modo per riavvicinare la gente.
6. Riformare le Coppe Europee. Perchè? Volete mettere il fascino della vecchia Coppa Campioni e della Coppe delle Coppe inspiegabilmente abolita? Soluzione – Ci rendiamo conto che il calcio business non potrebbe mai tollerare cambiamenti drastici. Allora siamo realisti: mandiamo in Champions le prime 2 classificate delle leghe più importanti e le prime delle restanti. Però ripristiniamo la Coppa Coppe (partecipano le vincenti delle coppe nazionali) e rilanciamo la Coppa Uefa.
7. Stroncare definitivamente il gioco duro. Perchè? Il calcio deve tornare al fair play, al gioco deciso ma leale. Per questo i “macellai” vanno fermati sul serio. Soluzione – Troppe volte si è parlato di tolleranza zero. Solo parole. Il regolamento va applicato con durezza e fermezza. Sempre. Ed in maniera uniforme. Per stroncare il gioco violento bisogna essere inflessibili. Ci vogliono arbitri che abbiano senso della giustizia.
8. Stadi più sicuri e pene certe per i teppisti. Perchè? Così non si può andare avanti. La partita non deve essere una guerra, ma una festa. Soluzione – Le forze dell’ordine vanno impiegate per cose più serie. La sicurezza deve essere assicurata dai clubs. Chi sgarra deve essere punito sul serio. Basta con le zone franche. Bisogna riportare allo stadio le famiglie ed il tifo genuino. Prezzi più bassi e maggiore attenzione a dove vanno i biglietti.
9. Riformare il fuorigioco. Perchè? Siamo stanchi di assistere a partite dove si svolge tutto in 30 metri. Il pressing e l’eccessivo tatticismo stanno uccidendo il calcio spettacolo. Soluzione – Basterebbe spostare il fuorigioco al limite dell’area. Questo costringerebbe le squadre ad allungarsi e renderebbe più fluido il gioco. Inoltre cancellerebbe una buona parte delle polemiche alimentate ad arte dai soliti moviolisti faziosi.
10. Regolamentare le attività delle Nazionali. Perchè? Interrompere continuamente i campionati spezza il ritmo degli stessi e non risolve il problema delle Nazionali. Soluzione – Calendario unico: dai primi d’agosto a metà aprile (campionati a 16 squadre). Da metà aprile fino a fine Giugno (se necessario) attività delle varie nazionali. Due vantaggi: maggiore qualità e compattezza delle nazionali e tornei meno frazionati. E quindi più credibili.
11. Introdurre il principio che ogni squadra debba avere nella rosa almeno 5 under 21. Perchè? I giovani, quando sono di valore, devono avere le loro opportunità. Questo, almeno in Italia, succede di rado. – Soluzione – 5 under 21, non importa se provenienti dal vivaio, aggregati ogni anno alla prima squadra. Un occhio al futuro, ma anche un modo per ridurre i costi di gestione.
12. Riformare il calciomercato. Perchè? Un mercato aperto tutto l’anno falsa i campionati. Esempio: io incontro la squadra X quando ha una certa formazione e vinco facile. Poi la squadra X si rafforza, migliora il suo rendimento e magari toglie punti determinanti ai miei principali avversari nella lotta per il titolo. Così non va. Soluzione – Unica sessione di mercato. Dal 1 Maggio al 1 Agosto. Poi basta. Chi ha sbagliato a programmare o ad acquistare, s’arrangi pure. Le trattative devono essere concluse a bocce ferme. Quando cominciano le danze, stop. 

12 regole per cambiare il calcio. Sono regole facili da applicare. Proprio per questo non verranno mai applicate. A chi manovra il mondo del pallone non interessa cambiare. Molto meglio continuare a servirsi del calcio per i propri squallidi giochi di potere e per i propri intrallazzi.

Scritto nel 2009 per Magazine Bianconero

Un sistema ormai intollerabile

In Italia, sia che governi il centrodestra, sia che governi il centrosinistra, la tendenza non cambia: i poveri sono sempre più poveri e i ricchi sono sempre più ricchi. Negli ultimi dieci anni gli utili delle grandi aziende sono aumentati del 90%, mentre gli stipendi sono saliti solo del 5%. Nel frattempo è arrivato l’euro, che ha fatto lievitare i prezzi del 100%. Nel  Paese dei furbi “qualcuno” ha speculato sul cambio con la lira. Risultato? Un euro, che dovrebbe corrispondere a circa 2000 lire, vale esattamente la metà. I politici, a parole, sono tutti a favore dei diseredati, dei più deboli, degli oppressi, delle minoranze. Con le azioni sono invece materialmente a fianco di chi calpesta la vita e la dignità umana in nome delle leggi del profitto. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: questo è un regime politico-economico-mediatico. I giornali, che dovrebbero denunciare il marcio che ci circonda, sono in mano alle lobbies, alle banche, ai grandi gruppi industriali. L’informazione televisiva è invece tenuta sotto schiaffo dall’invadenza della politica. Che sceglie personalmente gli uomini da mettere nelle stanze dei bottoni. Che premia solo quelli fedeli alla causa, impedendo invece l’accesso a chi non è manovrabile e controllabile. I caduti sul lavoro, quelli di ieri, di oggi e di domani, sono figli di un sistema corrotto, drogato e fatiscente. Un sistema ormai intollerabile. Gli interessi di pochi pesano come un macigno sui diritti di tutti gli altri. Abbiamo sempre considerato un valore la povertà. Forse perchè abbiamo conosciuto persone ricchissime ma miserabili. Oppure gente che ha scelto di vendere la propria indipendenza al miglior offerente. Forse perchè abbiamo conosciuto persone squattrinate ma dignitose fino all’autolesionismo. Tenacemente attaccate ad ideali ormai passati di moda. Abbiamo sempre considerato un valore la povertà. A patto che garantisca una sopravvivenza decorosa. A patto che sia una scelta autonoma e non una costrizione. Come succede in Italia. Eppure nella Costituzione c’è scritto che questo Paese è una Repubblica fondata sul lavoro. Forse sarebbe il caso di aggiungere tre aggettivi: precario, insicuro, letale. La prossima volta che vedete un industriale su uno yacht, chiedetegli quanti morti è costata la sua barca.

Scritto nel 2008 per Magazine Bianconero

Gli esempi da seguire

“Sono le azioni che contano. I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fin tanto che non vengono trasformati in azioni. Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo”. Chi ha pronunciato queste parole? Mohandas Karamchand Gandhi. L’uomo che ha regalato l’indipendenza al suo Paese ispirandosi ai principi della satyagraha: verità, fermezza e non violenza. Una rivoluzione morbida, basata sulle marce pacifiche, sulla disobbedienza civile, sul boicottaggio, sullo sciopero della fame e della sete. Gandhi, assassinato nel 1948, ha pagato con la vita il suo impegno civile.

“Ho un sogno: che questa nazione un giorno si sollevi e venga fuori il vero significato della frase tutti gli uomini sono creati uguali”. Chi ha pronunciato queste parole? Martin Luther King. Il più giovane premio Nobel per la pace della storia. Giusto riconoscimento per le sue battaglie contro le discriminazioni razziali. Martin, ucciso nel 1968, ha pagato con la vita il suo impegno civile.

“Non c’è nessuna facile strada per la libertà”. Chi ha pronunciato queste parole? Nelson Rolihlahla Mandela. L’uomo che ha dedicato la propria esistenza alla causa anti-apartheid. Nelson, che ha trascorso 28 anni nelle durissime carceri sudafricane, ha pagato un prezzo altissimo per far ottenere alla sua gente i diritti civili più elementari.

“Non si invecchia per il semplice fatto di aver vissuto un certo numero di anni, ma solo quando si abbandonano i propri ideali. Se gli anni tracciano i loro solchi sul corpo, la mancanza di entusiasmo li traccia sull’anima”. Chi ha pronunciato queste parole? Albert Bruce Sabin, pediatra e virologo americano (di origine polacca), l’uomo che ha sviluppato il più efficace vaccino contro la poliomelite. Sabin poteva diventare ricchissimo grazie alla sua invenzione ma – per favorire una vasta diffusione dell’antidoto e quindi salvare molte vite umane – ha rinunciato allo sfruttamento commerciale del vaccino. Sabin è morto nel 1993: povero, solo e dimenticato da tutti.

“Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”. E poi: “La lotta alla mafia dev’essere innanzitutto un movimento culturale che abitui tutti a sentire la bellezza del fresco profumo della libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità”. Da chi sono state pronunciate queste due frasi? Da Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due magistrati che hanno combattuto la Mafia fino all’ultimo respiro. Ben sapendo che la Mafia, un giorno, li avrebbe uccisi.

“Non sono un pazzo, sono un imprenditore e non mi piace pagare. Rinuncerei alla mia dignità. Non divido le mie scelte con i mafiosi”. Chi ha pronunciato queste parole? Libero Grassi. Uno dei primi imprenditori siciliani a ribellarsi al pizzo. Libero è stato ammazzato da Cosa Nostra il 29 Agosto 1991.

“Io sono come una piccola matita nelle Sue mani, nient’altro. È Lui che pensa. È Lui che scrive. La matita non ha nulla a che fare con tutto questo. La matita deve solo poter essere usata”. A pronunciare queste parole è stata Madre Teresa di Calcutta. La missionaria che ha dato un’anima all’ormai logora espressione solidarietà. Madre Teresa ha messo la sua vita nelle mani dei diseredati del mondo. Senza chiedere mai nulla in cambio. Questo era per lei il vero senso della religione.

 “L’unico consiglio che mi sento di dare – e che regolarmente dò – ai giovani è questo: combattete per quello in cui credete. Perderete, come le ho perse io, tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne. Quella che s’ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio”. E poi ancora: “Le verità che contano, i grandi principi, alla fine, restano due o tre. Sono quelli che ti ha insegnato tua madre da bambino”. Per completare il trittico: “Vi sono momenti, nella Vita, in cui tacere diventa una colpa e parlare diventa un obbligo. Un dovere civile, una sfida morale, un imperativo categorico al quale non ci si può sottrarre”. Queste tre frasi sono state pronunciate, nell’ordine da Indro Montanelli, Enzo Biagi ed Oriana Fallaci. Tre meravigliosi esempi di giornalismo libero e coraggioso. Affrancato dai politici e lontano anni luce dalle logiche contorte del potere. Indro, Enzo ed Oriana sarebbero piaciuti a Francois Marie Arouet, più conosciuto con lo pseudonimo di Voltaire, uno dei padri dell’Illuminismo. Così il filosofo tedesco Kant definiva l’Illuminismo: “L’illuminismo è l’uscita dell’uomo dallo stato di minorità che egli deve imputare a se stesso. Minorità è l’incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di un altro”.

Ultima citazione: “Un giorno i nostri nipoti andranno nei musei per vedere cosa fosse la povertà”. A pronunciare questa frase non sono stati nè Geronzi nè Profumo ma Muhammad Yunus, banchiere bengalese, ideatore e realizzatore del microcredito. Yunus fa quello che le banche cosiddette normali non fanno più (anzi non hanno mai fatto): prestare soldi ai poveri. Sembra una follia, ma forse è l’unico modo per debellare la miseria. Alla faccia della solvibilità richiesta da ogni istituto di credito, pare che il 90% delle persone aiutate da Yunus restituiscano il denaro.

Sono questi gli esempi luminosi che tutti noi dovremmo seguire. Purtroppo non è, non sarà mai cosi. Questi esempi sono stati già spazzati via dall’avidità, dall’egoismo e dalla vigliaccheria che avviluppano il mondo in cui viviamo. E, senza memoria, il futuro fa ancora più paura.