Pensieri sparsi disordinatamente…

In un Paese normale l’ordine dei giornalisti non dovrebbe esistere. Ma, se proprio deve, all’esame da professionista bisognerebbe testare il coraggio, l’indipendenza e il talento. Perchè sono questi i requisiti fondamentali di un vero giornalista.

Non sei tu a scegliere un gatto. E’ il gatto che sceglie te. E, quando accade, non puoi fare altro che perderti dentro i suoi occhi.

Enrico Letta, nipote di Gianni, è l’inciucio fatto persona. Faccia da democristiano bietolone, espressione inutilmente pensosa, ha trascorso la sua vita inneggiando allle larghe intese. Nella sua cameretta, in bella mostra, il poster di Napolitano, l’unico uomo al mondo che poteva dargli l’incarico di Primo Ministro. A pensarci bene anch’io gli avrei dato un incarico: pulire i cessi di Montecitorio.

La strategia della distrazione.
L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti. Noam Chomsky

Le bugie hanno le gambe di Brunetta…

Berlusconi è perseguitato dalla Magistratura, PD e PDL si odiano, Ruby era la nipote di Mubarak, Alfano non sapeva, la Bonino neppure, Renzi è uno statista, Massimo Giletti è un presentatore, Ligabue un genio della musica, Giaccherini il nuovo Garrincha e Alba Parietti non si è mai rifatta. Le bugie hanno le gambe di Brunetta, ma gli italiani se le bevono tutte senza fiatare. Oggi tutti in spiaggia a prendere il sole: la rivoluzione può attendere.

Coppa Campioni Story

A fine Giugno uscirà il mio tredicesimo libro “Coppa Campioni Story”, Curcio editore. Tengo molto a questo volume, per tanti motivi. Auguro a chi lo leggerà di provare le stesse vibrazioni che il sottoscritto ha ricevuto scrivendolo.

 

“Coppa Campioni Story” è un libro che affonda le sue radici nella nostalgia. Un viaggio affascinante, lungo le strade della memoria, per raccontare 60 anni di calcio attraverso la storia della Coppa dalle grandi orecchie. Tutti i risultati (anche quelli dei turni preliminari), tutti i marcatori, una miriade di curiosità e statistiche, tutti i records all time, le formazioni delle finali e i profili dei maggiori protagonisti della competizione oggi denominata Champions League. Tutto racchiuso in un unico, imperdibile volume. Perché i ricordi, specie quelli più cari, vanno custoditi con attenzione.

La solitudine del pallone

Non mi sono mai considerato un tifoso. E nemmeno, come si usa dire oggi, un “cliente”. Per 40 anni ho semplicemente amato il calcio e la Juve. Svisceratamente. Ma senza rinunciare ad essere me stesso. La mia passione non è mai scesa a compromessi. Altrimenti sarebbe diventata schiavitù. E non si può essere prigionieri di ciò che si ama. Quando ero bambino, coi volti delle figurine Panini occultati dalla mano di mio padre, riconoscevo i calciatori dalle scarpe. In fondo, come spirito, sono rimasto quello di allora. Però il calcio è cambiato. Parecchio. Non esattamente in meglio. Come se il pallone ci fosse sfuggito dai piedi, per finire nel cortile di gente senza cuore e senz’anima. “Ragazzino, questo pallone non è più tuo. Adesso lo taglio in due e poi lo butto nel cassonetto dei rifiuti”.
Reminiscenze di un’infanzia disagevole, trascorsa sui marciapiedi di una periferia ansimante. “Andate a giocare da qualche altra parte. Altrimenti, la prossima volta, faccio a pezzi voi”. Seguivano ghigno beffardo e clamore di porta sbattuta. In fondo, le facce dei “bruti” che s’impadronivano dei nostri palloni, assomigliano terribilmente ai visi delle persone che hanno devastato il calcio. E quindi il nostro sogno. Presidenti, dirigenti, faccendieri, politici, procuratori, allenatori, calciatori. Una carovana di gente scriteriata. Che ha distrutto il gioco più bello del mondo.

Il Pathos

Secondo il pensiero greco, l’animo umano è regolato da due forze contrapposte: il Logos e il Pathos. Il Logos è la parte razionale, il Pathos quella irrazionale. Il Logos, regno del calcolo e della logica, non mi affascina. Per questo, nella vita, cerco sempre il Pathos. Un fantastico viaggio verso l’ignoto. Un mistero avvolto nella spontaneità. Cerco il Pathos nella musica: una canzone, per colpirmi, deve accarezzare la mia anima. Cerco il Pathos nel cinema: un film, per piacermi, deve insinuarsi dentro le mie vene. Cerco il Pathos nella letteratura: un libro, per catturarmi, deve lambire i quattro angoli del cuore. Che cosa meravigliosa, il Pathos. Una sensazione che si rinnova ogni mattina, quando porto del cibo ad un manipolo di gatti di strada. All’inizio erano, giustamente, diffidenti. Adesso riconoscono il suono dei miei passi e mi vengono incontro, con la speranza stampata sul muso. Mi circondano, attendendo con pazienza il clic della scatoletta che si apre. E poi cominciano a mangiare, con una voracità che riempie gli occhi. Ecco, in quei momenti, mi ritengo un privilegiato. Perché non è facile entrare nelle stanze magiche del Pathos. Ed io, grazie ai piccoli felini, ogni giorno riesco a varcare quella soglia per qualche minuto. Poi, fatalmente, devo tornare alla routine del Logos. Ma l’immagine di quelle creature che mi vengono incontro, scolpita nella mente, mi aiuta ad affrontare anche le giornate più dure.

Goodbye Sir Alex

La prossima Premier League, per la prima volta nella sua storia, non vedrà quindi ai nastri di partenza Sir Alex Ferguson. Si tratta di una svolta epocale: sia per i red devils che per il calcio inglese. L’uomo nato a Govan, sobborgo di Glasgow, fu il primo manager a vincere la Premier, istituita nella stagione 1992/93. Sarà solo una combinazione ma, esattamente vent’anni più tardi, dopo aver regalato al Man U il ventesimo scudetto, Sir Alex ha deciso di chiudere la sua scintillante carriera. Carriera che i numeri raccontano meglio delle parole. Il tecnico scozzese, che allena dal 1974, lascia la panchina del Man U dopo 27 anni e 38 trofei. Titoli che diventano 48 se calcoliamo anche i successi ottenuti dallo scozzese alla guida dell’Aberdeen. Un bilancio maestoso. Quando Ferguson sbarcò all’Old Trafford, il Man U aveva in bacheca appena 7 scudetti e gli acerrimi rivali del Liverpool (a quota 18) sembravano lontani un’eternità. Vent’anni dopo, complice anche la crisi dei reds, il Man U è balzato al comando. E pare non abbia alcuna intenzione di fermarsi. Oltre alle vittorie, infatti, Sir Alex ha portato in dote organizzazione, idee e programmazione. Elementi che assicurano al Man U, oltre al notevole presente, anche un fulgido futuro. Sir Alex ha consegnato personalmente il testimone al cinquantenne David Moyes, altro scozzese di Glasgow, reduce da 11 buone stagioni all’Everton: nessun trofeo ma gioco più che discreto, nonostante le difficoltà economiche del club. Moyes, che vanta nel palmarès personale solo una promozione in Championship con il Preston, in queste ore si sentirà come l’uomo che ha appena vinto il primo premio alla lotteria.

La gente ha paura del silenzio

La gente ha paura del silenzio

eppure nel silenzio c’è la miglior risposta

alla volgarità del mondo.

La gente ha paura del silenzio

eppure nel silenzio

c’è qualcosa di intimo e profondo.

Buio o luce

non fa differenza

basta avere una coscienza.

Dentro un silenzio rigoroso

puoi ascoltare la tua anima

avvertire la presenza del dolore

sentire la flebile voce della speranza.

Dentro un silenzio rigoroso

puoi ascoltare il lamento delle tue illusioni

lo sciabordio dei tuoi pensieri

e sentire il suono incantevole di una fragile serenità.

Ma la gente ha paura del silenzio

così come ha paura di far parte di una minoranza

così come ha paura della solitudine

così come ha paura di andare controvento.

La gente ha paura del silenzio

perché è troppo abituata al rumore.

Mai dire Sky

“Sto lavorando duro per preparare il mio prossimo errore”. La frase di Bertold Brecht sembra tagliata su misura per Sky, un tempo unico squarcio di luce nel desolante panorama televisivo italiano. Un tempo. Perchè oggi il vento è cambiato. Senza Liga e Bundesliga e con meno partite di Premier in cartellone, il palinsesto calcistico si è drasticamente impoverito. Gestione miope, che mette al centro del piano editoriale una Serie A sempre più mediocre, con partite che assomigliano a moderni strumenti di tortura. La Champions (almeno quella) è rimasta, affiancata dall’impresentabile Europa League, competizione che fa rimpiangere la Coppa dei bar. Ma i problemi dell’emittente satellitare non si fermano al calcio. Ne segnaliamo almeno quattro. 1. La pubblicità è sempre più invasiva: quasi uno sberleffo per chi paga un abbonamento salato. 2. Molti programmi tendono a scimmiottare la tv generalista. 3. I films che girano sono sempre gli stessi. 4. L’informazione, per quanto massiccia, non ha sussulti, rimanendo confinata nell’alveo della superficialità. Speriamo in una svolta, altrimenti sarà disdetta.

Il futuro

Forse un giorno una squadra di San Marino giocherà la finale di Champions League.

 Forse un giorno i banchieri chiederanno prestiti ai pensionati.

 Forse un giorno toglieranno la scorta a Berlusconi per darla a quella casalinga di Voghera che ha già subito tre scippi.

 Forse un giorno, alle manifestazioni, i poliziotti manganelleranno  i politici corrotti.

 Forse un giorno verrà inserita nella Costituzione una norma che preveda la messa al bando dei leccaculo.

 Forse un giorno si potrà entrare in Rai anche senza essere raccomandati.

 Forse un giorno quelli che mangiano cose sfiziose avranno una salute di ferro, mentre gli unici ad avere il colesterolo alto saranno i vegeteriani.

 Forse un giorno le rondini prenderanno la mira, giusto per cagare sulla testa di Bruno Vespa e Giuliano Ferrara.

 Forse un giorno, quando sarò decrepito, avrò come badante un gatto.

 Forse un giorno non troppo lontano, diciamo nel 2240, tutto questo non si avvererà.

 In compenso ci saranno ancora Berlusconi, Sgarbi ed il pulcino Pio.