La notte delle falene

Diciamolo francamente: questo Europeo ha riconciliato con il curling. Gioco soporifero come un dibattito sui peli superflui, prudenza delle squadre molto più che democristiana, dribbling severamente vietato dai commissari tecnici. In sintesi: Cesaroni in libera uscita dai boxer. Forse le cose migliori le ha fatte vedere la Croazia (voto 8), eliminata episodicamente negli ottavi. Bene anche il Galles (voto 7,5),  che ha pagato nelle semifinali l’assenza dello squalificato Ramsey (voto 7,5), miglior assistman del torneo (4 passaggi decisivi) a pari merito con Hazard (voto 6,5) e trascinatore assoluto della squadra insieme a Gareth Bale (voto 7,5). Un discorso a parte lo merita l’Islanda (voto 7), altra rivelazione del torneo, formazione tecnicamente scarsa, che ha saputo ribaltare i pronostici grazie a uno spirito di squadra a tratti commovente. La grande delusione? La solita Inghilterra (voto 4), da me indicata a bocce ferme come vincitrice nonostante Hodgson (voto 2), tradita soprattutto da Harry Kane (voto 4) e da una difesa (voto 3) inaffidabile come Giuliano Ferrara davanti a un buffet.

“Nanni spostati e lasciami vedere il film” è la fulminante battuta di Dino Risi (voto 8), tesa a smontare le pellicole dell’ex girotondista (voto 7 alla carriera e 3 alla coerenza politica), oggi non più indignato speciale. “Italia spostati e lasciami guardare l’Europeo” è stata la mia  rielaborazione calcistica della famosa frase. Considerato che, in questo Paese, non si riesce a seguire una partita degli Azzurri (voto 4 per il gioco sparagnino, e 6 per l’orgoglio)  senza essere sommersi dalla demagogia dei telecronisti (voto 0, e sono generoso). Così, il mio Europeo, è cominciato quando la Germania (voto 6,5 per l’assenza di un centravanti degno di tal nome) ha estromesso dalla competizione la spocchia tricologica di Antonio Conte (voto 7 al motivatore e 3,5 al tattico), acclamato dai media nostrani neanche fosse Brian Clough solo per aver piegato un Belgio (voto 5) che gioca a pallone più o meno come combatte il terrorismo, e una Spagna (voto 5) lenta e senza mordente, tenuta in piedi nella prima fase dalla poesia calcistica di Andrès Iniesta (voto 8).

108 reti in 51 partite sono una miseria. A conferma di quanto sia stato modesto lo spettacolo. Alla Francia (voto 6,5) non è bastato segnare più di tutti, 13 goal. Così distribuiti: 7 di sinistro, 5 di testa e uno di destro. Senza Griezmann (6 reti e 2 assist, voto 9) miglior calciatore della competizione per distacco, la finale sarebbe stata pura utopia. L’errore di Deschamps (voto 6) è stato quello di fidarsi troppo del sopravvalutato Pogba (voto 5), meno utile della bomboletta spray multicolore.

Il Portogallo (voto 6,5) è la decima nazionale a scrivere il proprio nome nell’albo d’oro della manifestazione. Per dirla tutta, senza la nuova formula, figlia del demenziale allargamento a 24 squadre, i lusitani non avrebbero visto l’alba degli ottavi di finale. Successo casuale ma non del tutto immeritato, peraltro ottenuto con un Cristiano Ronaldo (voto 9 al calciatore, 4 al personaggio) ai minimi storici, messo fuori gioco in finale dallo sconsiderato intervento di Payet (voto 7 al fantasista, 3 al mazzolatore). Pur nel suo momento meno fulgido, CR7 è riuscito là dove altri campioni (Eusebio, Figo, Rui Costa) avevano fallito. Ovvero consegnare al Portogallo il primo trofeo di una storia lunga 95 anni. Perché, tra qualche anno, nessuno ricorderà più i nomi dei veri artefici del trionfo. Dal commissario tecnico più schivo e riservato del mondo (Fernando Santos, voto 7), al portiere poco appariscente ma terribilmente efficace (Rui Patricio, voto 8), al centrocampista universale (Joao Mario, voto 8), al terzino sinistro debordante (Guerreiro, voto 7,5), al ragazzino forse un po’ pompato ma comunque di talento (Renato Sanches, voto 7), fino all’inossidabile Pepe (voto 7 al difensore e 4 al commediante) e al match winner Éderzito António Macedo Lopes, meglio conosciuto come Eder. L’uomo che ha dato  materialmente il via ai festeggiamenti nella notte delle falene.

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