L’eccezione conferma la regola. Già. Ma quanto può andare avanti l’eccezione? Prendiamo la politica. Circa vent’anni fa, l’inchiesta denominata “Mani Pulite” mise un freno al sistema delle tangenti, ponendo fine, di fatto, alla prima Repubblica. Qualche mese di legalità, il tempo di cambiare un paio di facce ormai impresentabili, poi l’inevitabile ritorno alla corruzione. Quindi alla regola del malaffare. “Regola” non scritta ma costantemente applicata, che costa a questo Paese circa 60 miliardi l’anno. Prendiamo il football. Circa sei anni fa, l’ingannevole rivoluzione battezzata in maniera impropria Calciopoli, permise all’Inter morattiana – a secco di vittorie dalle guerre puniche – di conquistare quattro scudetti e, addirittura, una Champions League. Un lustro di successi ovviamente mitizzato dai soliti giornalisti scodinzolanti e dagli ineffabili opinionisti fintamente super partes. Domanda delle cento pistole: senza l’ingannevole rivoluzione battezzata in maniera impropria Calciopoli, l’Inter avrebbe trionfato ugualmente? La risposta è no. No. E poi ancora no. Perché la “regola” non scritta, ma costantemente applicata, dice che l’Inter morattiana, nonostante i massicci investimenti e il vasto spiegamento di forze, è da sempre abbonata alle batoste. Infatti l’eccezione, durata fin troppo, ha smesso di essere tale. Oggi possiamo dire che l’Inter morattiana è tornata alle origini. Ovvero alla sconfitta come consuetudine. Perché la regola, si sa, spazza sempre via l’eccezione. Tuttavia, guardando l’orizzonte, così squallido, eppure così “regolare”, noterete facilmente una grande anomalia: si chiama Juventus. La Vecchia Signora, sei anni dopo l’ingannevole rivoluzione battezzata in maniera impropria Calciopoli, rimane infatti una “simpatica eccezione”. Perchè l’Inter, la “vera” Inter, è tornata. La Juve, la “vera Juve”, non tornerà più. Amen.
Archivio mensile:marzo 2012
La nostalgia
Ormai non ti fai più fregare dai mestieranti della politica.
Ormai non ti fai più fregare dalla religione.
Ormai non ti fai più fregare dai media.
Ormai non ti fai più fregare dalle banche.
Ormai non ti fai più fregare dagli imbonitori.Televisivi e non.
Ormai non ti fai più fregare dal calcio italiano.
C’è una sola cosa che riesce ancora a fregarti.
Si chiama nostalgia.
L’allenatore ansiogeno
Sono celebrati, strapagati, a volte santificati. Quando va bene si prendono meriti e medaglie, togliendo la scena a quelli che dovrebbero essere gli attori principali. Quando va male vengono accompagnati all’uscita. A calci nel sedere oppure dolcemente, dipende dallo Zamparini di turno. In questo blog mi sono già occupato di loro. Torno sull’argomento per descrivere una figura che sembrava tramontata e che invece sta prendendo il sopravvento nel calcio isterico e volgare di oggi: l’allenatore ansiogeno. Si tratta di un personaggio che staziona a bordocampo per tutti i novanta minuti della partita, stressando i propri calciatori con disposizioni e ordini inutili come i programmi di Giuliano Ferrara. Più agitato di un cocktail, protesta continuamente con arbitro e quarto uomo, rivendicando un corner non concesso alla sua squadra durante il fondamentale Nocerina-Solbiatese. Sempre sull’orlo di una crisi di nervi, risponde in maniera piccata all’unico giornalista che gli pone una domanda discretamente intelligente (scomoda sarebbe sconveniente per la categoria), gridando al complotto per un rigore che tutti quanti hanno visto. Dopo duecento replay. A questo signore, che avvelena i pozzi del calcio e distrugge il talento dei calciatori, bisognerebbe spiegare alcuni concetti, elementari anche per Pippo Franco e Dj Francesco. 1. L’allenatore, quando è veramente in gamba (e quelli bravi si contano sulle dita di una sola mano) non incide mai oltre il 25% sulle fortune di una squadra. 2. Le partite si preparano prima di entrare in campo e si correggono (eventualmente) durante l’intervallo. 3. I calciatori vanno responsabilizzati, motivati e non troppo assillati tatticamente. Altrimenti, e questo vale soprattutto per quelli più dotati tecnicamente, si corre il rischio di snaturarli. 4. A determinare le vittorie – da quando esiste il football – sono i fuoriclasse e non gli allenatori. Nessun tifoso del Barca, dovendo scegliere tra Messi e Guardiola, opterebbe mai per il secondo. 5. Più che riempirsi la bocca di moduli e schemi – dovendo gestire rose di 25 calciatori – bisognerebbe avere l’accortezza di leggere qualche buon libro di psicologia.
TAV, Tavolini e clochard
Nel Paese delle opere inutili e degli scudetti assegnati in segreteria (TAV e Tavolini), dei tecnici che indossano il sobrio Loden anche d’estate e dei seriosi dibattiti sulla farfallina di Belen, ogni tanto – per fortuna – si intravede una scintilla di luce. Sono piccoli bagliori, minuscole stelle che fendono il buio e alimentano qualche speranza per il futuro. Voglio quindi raccontarvi la storia di un incontro assolutamente casuale e, anche per questo, meraviglioso. Bar non troppo frequentato: pochi avventori e molti grappini. Si parla di politica e di calcio. Banalità assortite. Poi, mentre sto sorseggiando il mio caffè, sento una voce dal fondo. Una voce da doppiatore. “Ma ancora parlate di politica? Non capite che i politici sono ormai al servizio delle banche? Ormai tutti sono al servizio delle banche, giornalisti compresi. Quindi non bisogna dare retta ai media, che vogliono “venderci” una realtà che non esiste. La verità è che siamo un Paese sotto tutela. Dipendiamo economicamente dalla Germania e politicamente dagli Stati Uniti. Di cosa state parlando, dunque? Siete solo un branco di pecoroni, capaci solo di ripetere le cose sentite in tv o lette sui giornali. Dovreste vergognarvi. Altro che dimenticare il marcio che vi circonda bevendo grappini “. Incantato dal discorso, mi giro e vedo un signore filiforme, sguardo magnetico, che parla agitando un bastone. Età ipotetica: 75/80 anni. Lo guardo fisso negli occhi per qualche secondo e una lama d’ottimismo mi trafigge il cuore. Quindi, come se fosse una cosa normale, vado a stringergli la mano. Poi esco e mi sembra di avere la leggerezza di una piuma. Dopo qualche giorno torno in quel bar, più o meno alla stessa ora, ma quell’uomo non c’è. Chiedo informazioni al barista: “Sta parlando di quel barbone che viene ogni tanto? Quello è completamente matto, sa? Non sa quello che dice. E poi mi deve 6 euro.” A quel punto, indignato da tanta ignoranza e cattiveria, estraggo dalla tasca 6 euro e dico “ecco, adesso il debito è saldato”. E mi faccia un favore, impari a valutare meglio le persone. Grazie e arrivederci”. In strada, immerso in una serenità lieve e inaspettata, mi sembra di camminare dentro una nuvola di borotalco. Penso a quanto sarebbe bello questo Paese. Senza gli italiani.